I mercati nascenti e la teoria del Gorilla
Tutti voi che leggete a secondo della vostra eta’ avete attraversato una o piu’ delle rivoluzioni tecnologiche che sono esplose gli ultimi 50 anni cambiando il nostro modo di vivere.
Una caratteristica che hanno tutte – o quasi – queste rivoluzioni e’ che vengono cavalcate da una miriade di piccole aziende che si buttano su un mercato che ancora non esiste proponendo le loro soluzioni. Poi man mano il mercato si consolida emerge una o al massimo due o tre società che si prendono tutto.
Basti pensare agli albori dell’industria dell’auto: alla fine dell’800 solo in Italia c’erano una trentina di officine artigianali che producevano auto: nel giro di una decina di anni ne rimase una manciata con la Fiat sempre più grande e poi fra una crisi e l’altra la Fiat si prese tutto restando da sola. E alla fine qualcuno si e’ mangiato anche la Fiat e adesso non abbiamo più niente…
Una di queste rivoluzioni io la ho seguita bene da appassionato del settore: quella dei personal computer iniziata nei primi anni 80. Nacquero e si svilupparono come funghi tutta una serie di società che producevano software. Per chi c’era ne ricordo alcune CP/M, Quattro, Lotus, Db2, Wordstar, Netscape e il Dos della Microsoft. Molte di queste società si quotarono in borsa: tanti erano convinti che fra tutte queste sarebbero emersi i leader di un mercato che si prospettava enorme: ma quale? Col senno di poi e’ facile rispondere:
la Microsoft di Bill Gates (collocata nel 1986 a 21$ e’ stata splittata 9 volte e adesso chi aveva sottoscritto allora una azione se ne trova 288 che al prezzo di oggi -26/8/2022- di 268$ per azione fanno 77.184$ ) ma chi era cosi’ lungimirante da intuirlo nel 1986? E allora?
E allora si ragiona con la teoria del Gorilla: individuato un mercato in esplosione si investe nelle prime 10 società del settore e man mano che il mercato si consolida si vende quella che perde di più e ci si concentra su quella che sale: il Gorilla che alla fine prende tutto.
Certo quello della Microsoft e’ un caso limite ma ipotizzando che nel 1986 invece di investire solo 21$ nella MSTF avessimo comperate altre 9 azioni sempre per un controvalore di 21$ cadauna quindi con un investimento totale di 210$. Anche se tutte le altre nove società fossero andate male e la Microsoft sola sopravvissuta la strategia avrebbe funzionato alla grande. 210$ -> 77.184$ in 35 anni.
Non sempre il giochino riesce: a volte il mercato che sembra essere molto promettente delude e non si sviluppa, a volte l’affollamento di nuove aziende è così grande che è difficile selezionare nel gruppo il futuro vincitore.
E’ stato cosi con la famigerata bolla di internet del 1999/2000 quando quando un centinaio di società legate all’allora nascente internet – le cosiddette dot.com – andarono in borsa.
Se uno deciso di investire nelle vendite online intuendone le possibilità non avesse inserito nel suo paniere anche Amazon avrebbe perso tutto (1 az. Amazon collocata a 18$ nel 1997 sono diventate ora con i vari spit 240 pari ad un controvalore oggi (26/8/2022) di 31.200 $) Se con la logica delle 10 azioni si avesse investito complessivamente 180$ anche con le altre nove dot.com fallite il guadagno sarebbe stato ugualmente premiante 180$ -> 31.200$ in 25 anni.
Bello, bellissimo! ma non e’ che uno può tornare indietro con la macchina del tempo e comperarsi Amazon e Microsoft: e allora? Ci sono altri mercati esplosivi allo stato nascente?
Intanto bisogna fare una premessa: poche volte l’invenzione che cambia le cose viene fatta da degli appassionati (si Jobs e Wozniak costruirono il primo apple nel garage di casa ma…) Solitamente vengono sviluppati dai centri di ricerca delle grandi aziende che però non ci investono. Il computer come lo conosciamo oggi con il mouse la grafica etc. è figlio del primo Macintosh Apple ma da chi aveva preso l’Idea Jobs? Dai laboratori della Xeros che per politiche aziendali loro non lo inserirono nei loro prodotti.
E’ il dilemma delle grosse organizzazioni che hanno già un prodotto ed un mercato consolidato e cercano di tenere i piedi in due scarpe: Il classico esempio e’ la macchina fotografica digitale. Venne creata nel 1975 nei laboratori della Kodak: il gigante americano delle pellicole: le ricordate ancora le pellicole, i rotoli da ventiquattro o trentasei pose che si inserivano nelle macchine fotografiche e una volta scattate le fotografie si portavano a sviluppare e stampare?
Bene la Kodak allora si spartiva con pochi altri un mercato enorme a livello mondiale e quando i dirigenti ebbero fra le mani la prima macchina digitale che ovviamente aveva una costo altissimo ed una risoluzione molto bassa pensarono che non avrebbe avuto futuro: meglio continuare a fare palate di soldi con le pellicole.
Nel 2011 la Kodak e’ fallita…
Altro esempio classico e’ l’iPhone di Apple. Nel 2007 i telefonini erano in pieno boom. Ce li ricordiamo tutti: avevano una interfaccia a caratteri e una limitata connessione ad internet. Leader assoluto dei telefonini per i privati era la Nokia, invece i professionisti avevano il Blackberry perché gestiva in modo sicuro le email.
Il 7 gennaio 2007 Steve Jobs presentava l’iPhone il primo telefonino con interfaccia grafica touch screen e senza tastiera. Costava un botto rispetto agli altri telefonini e venne accolto con un certo scetticismo dagli analisti. Memorabile fu la figuraccia dell’amministratore delegato di Microsoft Ballmer che intervistato in quei giorni in televisione alla domanda su cosa pensasse dell’iPhone rispose sghignazzando che non aveva futuro. Il ramo telefonini di Nokia anni dopo venne comperato da Microsoft che cercò di rilanciarlo con il suo marchio ma dopo una vita stentata chiuse tutto, Blackberry vivacchia facendo altre cose. Apple di iPhone ne ha venduti più di 2 miliardi … Nessuno dei vecchi produttori di telefonini e’ sopravvissuto con il proprio sistema operativo. L’unico che e’ riuscito a fare concorrenza all’iPhone e’ stata Google con Android che cede in licenza a tutti gli altri produttori di cellulari. La storia e’ romanzesca e merita di essere raccontata: nel consiglio di amministrazione di Apple sedeva anche Schmidt l’amministratore delegato di Google. Quando Jobs cominciò a parlare in Cda del nuovo prodotto questi capì subito le sue potenzialità e cercò affannosamente qualcosa di simile. Trovò una piccola società che stava sviluppando anche lei una interfaccia grafica -Android – e la comperò. Jobs si infuriò al punto di obbligarlo a dimettersi dal Cda di Apple e giurò che si sarebbe vendicato. ma poi morì e allora … Fine della digressione.
Una cosa simile la stiamo vivendo adesso con l’auto elettrica. Fino a qualche anno fa le auto elettriche erano brutte sottoperformanti e con bassa autonomia. Le case automobilistiche le costruivano solo perché obbligate dalle normative antinquinamento ma non le voleva nessuno. Poi e’ arrivato Elon Musk che si è impegnato anche la camicia per costruire un’auto innovativa: la Tesla. E’ stato più volte per fallire ma ce la ha fatta. Tesla ha il 70% della quota di mercato delle auto elettriche. Quest’anno ne produrrà più di un milione guadagnando montagne di soldi.
Tutti i grossi produttori di auto a benzina si sono dovuti buttare obtorto collo a fare auto elettriche anche per la famigerata agenda verde varata dai governi. Ce la faranno a fare concorrenza a Musk? Dubito. Tutte le case tradizionali hanno miliardi investiti in impianti fissi per produrre le auto tradizionali che non possono essere reindirizzati all’elettrico.
Devono continuare a produrre auto tradizionali per servire la loro clientela e nel contempo investire massicciamente negli impianti per quella elettrica.
In più un’auto elettrica è sempre più simile ad un computer con le ruote e quindi il software che la manda avanti è strategico. E anche qui Tesla è avanti di due tre anni che in questo campo sono distanze abissali.
Ok ho capito e allora? leggi il resto degli articoli di “come sarà il futuro”