Mio Dio come sono caduta in basso!

Rubo il titolo a un film di Laura Antonelli – sogno erotico di tutti i giovani di 50 anni fa…- per aprire un nuovo capitolo di questo mio Blog: Società che sono andate male e che potrebbero – attenzione: POTREBBERO – essere sul punto di un giro di svolta e ripartire alla grande. Di solito -ma non sempre – il giro di svolta inizia con l’arrivo di un nuovo manager oppure per una serie di nuovi sviluppi.

Quale è il rischio/opportunità di simili società? Il rischio è facile da comprendere: la svolta non riesce, l’azienda fallisce – o meglio visto che parliamo per lo più di aziende americane va in Chapter 101 – e si perdono tutti o quasi i soldi investiti.

Ma se il turnaround funziona i guadagni possono essere straordinari… Il caso emblematico è quello dell’Apple ridotta in condizioni disperate dopo la cacciata di Steve Jobs e il susseguirsi di manager incapaci . Ma con il suo ritorno nel 1997 apple iniziò la cavalcata trionfale che la ha portata a valere oggi (23/12/23) tre triliardi di dollari .

Per restare più vicini a noi il caso General Electic: azienda nata nel 1892 per quasi un secolo pilastro dell’indice DowJones fino ad esserne cacciata dopo una lunga decadenza dovuta ad una serie di investimenti sbagliati. Nell’ottobre 2018 GE prese come amministratore delegato Lawrence Culp che veniva da tutt’altro settore e che con una cura di cavallo vendendo le attività secondarie e in perdita e concentrandosi su i settori più promettenti scorporati in tre nuove società assegnate ai soci ha rilanciato alla grande il gruppo

Quale sarà la prossima GE? ah saperlo….. Però qui raccoglierò degli articoli su società che a mio giudizio – e qui richiamo il mio DISCLAIMER – potrebbero avere delle chances…

Foglio Google con l’andamento dei titoli trattati



21/12/24 Milano Finanza: Tim, il rebus sulla quota di Vivendi: tutti i nodi per arrivare all’uscita dei francesi

di Alberto Mapelli

Dopo lo scorporo della rete, Tim saluterà anche il suo primo azionista da quasi un decennio? Vivendi, portato a termine lo spacchettamento e la quotazione di Canal+, Havas e Louis Hachette, potrebbe essere pronta per valutare concretamente l’uscita dal capitale dell’ex incumbent, dove da primo socio controlla il 23,75% delle azioni ordinarie ma da tempo non è più coinvolta nella gestione del gruppo – sono passati ormai due anni dalle dimissioni di Arnaud de Puyfontaine dal cda – e, anzi, si è dovuta adeguare alla cessione di Fibercop al consorzio guidato da Kkr e Mef per una cifra decisamente inferiore alle sue richieste e senza essere interpellata in assemblea.

I rumors sull’interesse di Cvc e di altri fondi (sono stati fatti i nomi di Apax e Bain) per rilevare la quota dei francesi, nonostante da Parigi arrivino segnali di nessuna operazione concreta in corso, testimoniano come la partita potrebbe scaldarsi nei prossimi mesi.

Il prezzo

Ma perché si possa arrivare davvero all’addio a Tim di Vivendi, i pezzi del puzzle che si devono ancora incastrare sono tanti, anche perché il passaggio della quota difficilmente potrà essere slegato da un disegno più ampio. In primis il prezzo. I francesi hanno fatto filtrare di voler 1,5 miliardi per uscire da Tim, ossia un prezzo per azione di 0,41 euro.

La distanza dagli attuali prezzi di borsa – il titolo dopo l’exploit è tornato a galleggiare tra 0,24 e 0,25 euro – è evidente, così come il fatto che il prezzo medio di acquisto di 1,08 euro per azione e i quasi 4 miliardi investiti per costruire la posizione saranno pressoché irrecuperabili per i francesi.

Paradossalmente però un’uscita a 0,41 euro nel 2025 potrebbe generare una plusvalenza per Vivendi. Nel bilancio al 31 dicembre 2024, infatti, dopo lo stop alla contabilizzazione della partecipazione secondo il metodo del patrimonio netto arrivato nel 2022, la quota sarà registrata a prezzo di mercato che, salvo scossoni negli ultimi giorni dell’anno, resterà ben al di sotto di quella soglia. Rimane da capire se qualcuno offrirà per davvero un premio intorno al 50% a Vivendi.

Le tempistiche e il dividendo

Ma il prezzo ottenibile dai francesi è legato a doppio filo ad altri fattori. Nel giro di pochi mesi potrebbero arrivare novità importanti in grado di cambiare la percezione e il valore del pacchetto di Vivendi. Entro metà gennaio ci sarà la decisione del giudice sul ricorso francese sulle modalità con cui si è arrivati alla cessione di Fibercop, mentre il 20 gennaio è il termine entro cui Tim e Palazzo Chigi potranno trovare un accordo extra-giudiziale sul rimborso di un miliardo di euro del canone concessorio del 1998. A febbraio è invece atteso l’aggiornamento del piano industriale di Tim.

Il ceo Pietro Labriola ha aperto la porta al ritorno del dividendo nell’arco del piano, soprattutto nel caso in cui arrivassero gli incassi dalle partite straordinarie aperte. Eventualità che si sta trasformando in realtà, almeno in parte. Il 3% di Inwit è stato ceduto per 250 milioni e per Sparkle è arrivata l’offerta vincolante da 700 milioni di Mef e Retelit. Se ci fosse anche un accordo sulla restituzione del canone in tempi rapidi, non è detto che questa somma di fattori possa trasformarsi in un’accelerata per il ritorno del dividendo. Ingolosendo a sua volta Vivendi, da un lato con una cedola da incassare e dall’altro avendo una leva maggiore per trattare sul prezzo con eventuali compratori.

Le ragioni dei fondi

I fondi di private equity, con un debito tornato a buoni livelli, stanno guardando il dossier, ingolositi da una possibile sottovalutazione della borsa ma anche da un eventuale spezzatino che garantirebbe ritorni importanti e dai tempi brevi. Si pensi al valore che potrebbero avere le tre anime di Tim – Brasile, Consumer ed Enterprise – se venissero separate e vendute. Il 66,6% di Tim Brasil capitalizza intorno ai 24 miliardi di reais, poco meno di 4 miliardi di euro ai cambi attuali.

Secondo le stime realizzate da Mediobanca per definire il target price di 0,35 euro, Enterprise viene valutata 4,8 miliardi con un multiplo di 6 volte l’ebitda after lease atteso nel 2025 mentre Consumer viene valorizzata 3,2 miliardi, con un multiplo di sole 2,5 volte. Multipli che vengono ipotizzati con uno sconto del 50% rispetto ai peer europei per Consumer e rispetto al settore It per Enterprise e che potrebbero essere molto più alti in caso di delisting, spin-off e cessione in solitaria.

Intermonte, per fare un altro esempio, fissa invece un target price di 0,38 euro stimando un multiplo di 9,5 volte l’ebitda per Enterprise, valorizzandola oltre 6,8 miliardi e spiegando che se si assumesse un multiplo di 6 volte l’ebitda, definito «fair», anche Consumer varrebbe 6,8 miliardi.

L’opzione consolidamento e la politica

Sulla partita pesano anche la tendenza al consolidamento del mercato tlc e il ruolo di controllo e regia che il governo potrebbe esercitare sulla partita. L’esecutivo da una parte potrebbe vedere di buon occhio l’uscita di un primo azionista distaccato da Tim com’è ora Vivendi, ma dall’altra sembra freddo di fronte a uno spezzatino. Le ipotesi si intrecciano e diventano articolate.

Una potrebbe vedere un’unione delle forze fra Tim e un altro operatore non infrastrutturato come Poste, che però potrebbe non essere risolutivo per il mercato delle tlc italiane. L’altra vede Tim unirsi a un altro attore infrastrutturato, scenario che potrebbe avere risvolti più significativi sul mercato italiano, ma che implica anche un ok dell’antitrust europeo per una riduzione da 4 a 3 come avvenuto nel Regno Unito con Vodafone-Three. In questo caso l’indiziato numero uno è Iliad, ma con una complicazione.

L’ipotesi suggestiva che vede Xavier Niel muoversi direttamente per rilevare la quota in mano ai Bolloré sembra difficilmente realizzabile. Anche con la benedizione del governo, il 23,75% non garantirebbe da solo a Niel di comandare e lo costringerebbe a un’opa per assicurarsi il controllo, amplificando così i costi e la complessità dell’operazione. (riproduzione riservata)


17/12/24 Milano Finanza: si torna a parlare di conversione delle risparmio…,

Tim, boom di scambi. Perché i fondi di private equity puntano sul titolo e cosa succede dopo l’uscita di Vivendi

di Francesca Gerosa

Passa di mano il 5,9% del capitale in scia all’indiscrezione di Bloomberg secondo cui il fondo Cvc è in trattative preliminari con Vivendi per acquisire la sua quota del 24% nel colosso tlc. Un’uscita che per gli analisti può sbloccare la conversione o il buyback delle azioni di risparmio, oltre allo spin-off o alla monetizzazione di asset non core. Equita: un take over su tutta Tim è oggi meno impegnativo | Tim, Cvc mette nel mirino la quota di Vivendi

Boom di scambi sul titolo Tim a Piazza Affari (-0,36% a 0,2738 euro in chiusura dopo un massimo intraday a 0,2888 euro) con 908,6 milioni di pezzi scambiati, pari al 5,93% del capitale sociale. Semplici prese di beneficio in seguito al rally della vigilia (+5,7% per una capitalizzazione di mercato di 6,1 miliardi di euro, comprese le risparmio) in scia all’indiscrezione di Bloomberg secondo cui il fondo Cvc è in trattative preliminari con Vivendi (-3,87% a 2,507 euro a Parigi) per acquisire la sua quota del 24% circa nel colosso tlc italiano (circa 1 miliardo di euro ai prezzi correnti, circa il 12% del valore patrimoniale lordo di Vivendi holding) senza alcun obbligo di opa.

Più di un fondo di private equity interessato a Tim

Ma ci sarebbero altri fondi potenzialmente interessati: da Apax Partners a Bain Capital, già presente in Italia con il 50% di Engineering. Tuttavia, il bid-ask spread resta ampio, con Vivendi che punta a ottenere almeno 1,5 miliardi (0,416 euro per azione contro un prezzo attuale in borsa a 0,2738 euro). Ma un eventuale accordo potrebbe essere facilitato dalla possibilità di realizzare sinergie industriali e operative significative, soprattutto legate al riassetto di Tim Enterprise (possibile combinazione con MaticMind o altri player), ma anche al possibile consolidamento di Tim Consumer.

Confronto con il governo scontato

Non è nemmeno escluso che in un secondo momento Cvc punti al pieno controllo di Tim per procedere poi allo spezzatino (break up) delle attività (Brasile, Enterprie, Consumer), concentrandosi su Tim Enterprise, operazione che potrebbe attivare il golden power da parte del governo italiano che possiede una quota di Tim (10%) attraverso Cdp. «La rilevanza strategica degli asset di Tim, come la rete 5G, Telsy e i data center, richiede necessariamente un confronto con il governo», afferma Intermonte.

Tuttavia, l’allineamento con Cdp potrebbe facilitare un esito positivo, soprattutto se Cvc o Bain non saranno percepiti come attori ostili. Va anche sottolineato che il primo fondo di private equity mantiene solidi rapporti con Cdp, consolidati attraverso la loro partecipazione congiunta in MaticMind (70% Cvc, 15% Cdp Equity e 15% Carmine Saladino, presidente e fondatore di MaticMind), «elemento che potrebbe favorire un allineamento strategico nell’operazione», aggiunge Intermonte. Comunque, le discussioni con la società di private equity sono ancora in una fase iniziale e non vi è alcuna certezza che si tradurranno in un accordo, hanno precisato le fonti a Bloomberg.

Le avance precedenti di Cvc

L’interesse di Cvc è coerente con il suo precedente tentativo di acquisire Tim Enterprise (nel 2022 aveva offerto circa 6 miliardi per l’asset, da Intermonte valutato a un ev di 6,8 miliardi ipotizzando un multiplo di 9,5 volte l’ev/ebitda after lease 2024) e con la quota di controllo in un peer chiave come MaticMind (ev di 0,5-0,6 miliardi, assumendo un multiplo valutativo simile). Offerta ritenuta troppo bassa da Tim che a luglio di quest’anno, si ricorda, ha completato la vendita della sua rete fissa alla società di private equity statunitense Kkr in un deal che ha valutato l’infrastruttura fino a 22 miliardi di euro. Una cessione che ha consentito al colosso tlc di snellire le operazioni e ridurre il debito per competere meglio in Italia, uno dei mercati delle telecomunicazioni più competitivi d’Europa.

Conversione delle azioni di risparmio in vista?

«L’uscita di Vivendi potrebbe anche sbloccare finalmente iniziative chiave di valorizzazione, come la conversione o il buyback delle azioni di risparmio (+1,16% a 0,3139 euro in borsa, ndr), oltre allo spin-off o alla monetizzazione di asset non core», ipotizza Intermonte. Un nuovo azionista stabile e strategico migliorerebbe, inoltre, la governance, eliminando le frizioni storiche che hanno pesato sulla valutazione del titolo su cui Intermonte ha confermato il giudizio buy con un target price a 0,38 euro.

Lo scenario che appare più probabile, secondo Equita, è che Cvc possa essere interessata ad acquisire la quota di Vivendi, senza un completo take over: L’operazione potrebbe avere, a nostro avviso, il supporto del governo, che deve dare l’approvazione ai fini golden power. In questo scenario, pensiamo che rimanga valida l’idea che Tim possa procedere poi con una conversione delle risparmio per rimuovere un ostacolo alle operazioni straordinarie e semplificare la struttura del capitale».

Equita: un take over su tutta Tim è oggi meno impegnativo

In ogni caso un’operazione di take over su tutta l’azienda non è da escludere, in quanto, spiega la Sim, è oggi meno impegnativa finanziariamente che in passato, dopo la cessione della rete. «In uno scenario di take over, pensiamo che l’offerta possa riguardare sia le ordinarie che le risparmio, ma non sarebbe affatto scontata l’offerta di un premio alle risparmio, nonostante il mancato pagamento del dividendo alle risparmio in questi ultimi tre anni. Nel complesso, quindi, le voci speculative emerse  sostengono il titolo Tim, ma meno il premio delle risparmio rispetto alle ordinarie», precisa Equita che ha un rating buy sia sulle azioni ordinarie sia sulle risparmio con target price, rispettivamente, a 0,34 euro e a 0,42 euro. Ciò che è certo è che è a meno di smentite ufficiali da parte dei diretti interessati «la notizia sosterrà la valutazione di Tim, anche se le discussioni sembrano essere nelle fasi iniziali. Comunque, confermiamo il nostro rating neutral e il nostro target price a 0,26 euro», afferma anche Banca Akros.

Perché Tim è un boccone ghiotto per i fondi di private equity

Nonostante il rally recente (+10,18% negli ultimi tre mesi) il titolo Tim, osserva, infine, Mediobanca Research, scambia ancora a 3,4 volte l’ebitda, rispetto alle 5,3 volte dei concorrenti. La vendita di Sparkle genererà 700 milioni di euro in liquidità, riducendo la leva finanziaria a meno di 1,8 volte il rapporto debito netto/ebitda, uno dei livelli più bassi nell’Ue. Rimane, inoltre, da considerare il potenziale incasso derivante dalla disputa sulle tariffe del 1998 (1 miliardo di euro) e dagli earnout di NetCo (2,9 miliardi di euro). Per questo motivo Mediobanca Research ribadisce il giudizio outperform sul titolo: «il nostro target price di 0,35 euro per azione riflette un multiplo ebitda inferiore a 3 volte per il segmento Consumer, a 6 volte per quello Enterprise (in crescita del 7% annuo, trainato dal cloud in aumento del 20% anno su anno), circa 700 milioni di euro per Sparkle, il Brasile al valore di mercato (circa 4 miliardi di euro), il 20% del potenziale incasso dagli earnout (2,9 miliardi di euro) e un terzo della disputa sul miliardo del 1998. Non siamo sorpresi di sentire che un fondo di private equity possa essere interessato all’asset». (riproduzione riservata)

Orario di pubblicazione: 17/12/2


17/12/24 Sole 24 Ore: voci che Vivendi esce


15/11/24 Sole 24 Ore: TIM fusse che fusse la volta buona (per il dividendo)


11/11/24 Milano Finanza: Piazza Affari: 30 azioni in caduta libera. Opportunità di acquisto o trappola di valore? I consigli degli analisti

Riporto qui questo articolo di Milano Finanza: siccome non sono azioni di mia scelta NON aggiorno il Foglio Google

Anche dopo un crollo, non tutte le azioni sono pronte a un rimbalzo. In queste settimane di fuoco per i mercati finanziari tra nuovi stimoli fiscali in Cina, taglio dei tassi da parte di Bce e Fed, voto in Usa con Donald Trump presidente eletto che promette «l’età dell’oro» e stagione dei conti (lusso, auto ed energia un freno, compensati dal settore finanziario, in particolare dalle banche, che hanno battuto le attese e alzato i target 2024), alcuni titoli quotati sul listino milanese (a esclusione dell’Egm, si veda tabella in pagina) hanno accentuato la caduta, arrivando a perdere negli ultimi sei mesi tra il 25% e l’80% del loro valore.

Le azioni in caduta libera a Piazza Affari

Acquistare o no sulla debolezza?

Triste primato se si pensa che nello stesso periodo l’indice Ftse Mib ha guadagnato un +1,2% con i dividendi. Premesso che non conviene mai, per dirla in gergo da trader, «afferrare il coltello che cade», a meno di non essere particolarmente ferrati in materia, è facile con Piazza Affari non lontana dai massimi di maggio a quota 35.474 punti farsi sedurre dalle sirene che suggeriscono di entrare sulla debolezza. Più difficile è resistere e aspettare il momento opportuno. In ogni caso solo alcune azioni meritano attenzione, perché altre potrebbero non aver toccato ancora il fondo. «Alcuni titoli hanno perso terreno per motivi strutturali, altri in scia alla debolezza delle trimestrali. È fondamentale capire se le società possono superare il momento di difficoltà e riemergere più forti di prima oppure se rischiano di avere reali problemi di sopravvivenza», dichiara a Milano Finanza Angelo Meda, responsabile azionario di Banor.

Tra le azioni vincenti e con possibilità di rimbalzo il money manager vede Biesse e Danieli: la caratteristica comune di queste aziende è la solidità finanziaria (poco/zero debito) e un posizionamento forte da leader nel loro segmento. Qui, spiega l’esperto di Banor, il mercato ha estrapolato una debolezza ciclica come un problema strutturale, «cosa che non crediamo sia presente. Altre società avranno bisogno di più tempo per uscire dalle secche: Campari e StM, ad esempio, hanno bisogno di superare un rallentamento ciclico che forse richiederà ancora qualche trimestre, ma rimangono titoli da detenere se si ha un orizzonte di lungo periodo». In effetti, concorda Antonio Amendola, portfolio manager di AcomeA sgr, Biesse (2 buy stando al consenso Bloomberg) ha sofferto, come tutto il settore della distribuzione di materiale elettrico, del rallentamento economico partito dalla Germania e del confronto con gli anni di boom in Italia grazie al bonus 110%. 

I titoli in odore di rimbalzo

Nonostante questo, osserva Amendola, la società ha preservato la marginalità con opere di efficientamento, pronta, quindi, a sfruttare la leva operativa al ripartire dei ricavi. Biesse con un’inversione di tendenza degli ordinativi può ritrovare la verve dei giorni migliori. Mentre Danieli, altro titolo assai sottovalutato, soffre più per dinamiche macroeconomiche che microeconomiche. Leader nel suo comparto, ha una dotazione di cassa ben superiore alla capitalizzazione di mercato. Nello scorso trimestre ha visto un lieve rallentamento della crescita che, però, si attesta su livelli ancora molto interessanti, indica Amendola. 

Tinexta (6 buy, 1 hold, 0 sell), invece, sta pagando dal punto di vista borsistico le performance sotto le attese di una delle ultime acquisizioni fatte, minando così il track record a livello di m&a. «Combinato con questo fattore c’è stata l’operazione Defense Tech che non è piaciuta al mercato e ha posto una serie di interrogativi sull’operato del management. Nonostante questo, qualora confermasse gli obiettivi di fine anno con i risultati, risulterebbe molto sottovalutata sia rispetto alla sua storia sia rispetto ai competitor», precisa Amendola. Unica incertezza sui numeri di fine anno è l’andamento di industria 4.0 cruciale per una delle sue controllate. 

Campari (14 buy, 7 hold, 4 sell), inoltre, sta vivendo la tempesta perfetta: il settore beverage in contrazione al livello globale, la mancanza di un ceo e multipli a premio rispetto ai competitor. Con questo calo repentino (-33,5%) e il contestuale taglio delle stime degli analisti, il titolo sta attraversando una fase di reset. Comunque, « Campari resta una società solida e premium, questo livello può essere interessante come punto d’ingresso», suggerisce Amendola. 

L’azione più dibattuta è Stellantis, per alcuni ha toccato i minimi, per altri no (14 buy, 16 hold, 3 sell), ma Paolo Verna e Carlo Pecchinotti, rispettivamente ceo e risk manager di EnVent Italia Sim, non hanno dubbi: è stata penalizzata in modo eccessivo dal mercato. «Ha pagato caro il calo delle vendite d’auto, ma il recente taglio dei costi e la riorganizzazione, nonché i progressi fatti nella riduzione del gap tecnologico con i produttori, in gran parte cinesi, di auto elettriche, fondamentale per il rispetto dei vincoli di elettrificazione europei, sono fonte di segnali che la ripresa del settore è alle porte», spiegano i due esperti, segnalando tra i titoli in odore di rimbalzo anche D’Amico (5 buy, 1 hold, 0 sell) che opera in un business stabile quello del trasporto marittimo, con fondamentali solidi. Una normalizzazione del contesto economico globale, in particolare dei costi energetici, e una ripresa dei consumi spingeranno ancora di più la logistica e quindi potrebbero rilanciare l’azione in borsa. La terza scelta ricade su Bff Bank (6 buy, 4 hold, 0 sell) che ha attraversato un periodo difficile dopo un’indagine di Banca d’Italia, ma ora che ha riclassificato il portafoglio crediti, in risposta alle criticità sollevate da Via Nazionale anche sulla governance e la remunerazione e confermato i target al 2026, «ha la spinta per cambiare marcia in borsa». 

Chi evitare

Altre restano in difficoltà, quelle con un debito elevato che potrebbero effettuare (o che hanno annunciato) aumenti di capitale o ristrutturazioni del debito: Landi RenzoAquafil ed Eurotech rientrano in questa categoria. E i titoli di società in ristrutturazione o con capitalizzazione molto bassa, come ad esempio Fidia e Bestbe, avverte Meda, «vanno considerati altamente volatili e speculativi, con un forte rischio di delisting». Verna e Pecchinotti confermano l’andamento negativo, con scarse possibilità di recupero, di titoli come Bestbe H, BioeraFidiaNetweek «che continueranno a perdere a causa delle tensioni finanziarie in cui versano. Inoltre, hanno tutte fatto ricorso a prestiti obbligazionari convertibili per sostenere i loro investimenti e sono nella black list della Consob». Merita un discorso a parte Cy4Gate, cyber software house, che non ha fatto ricorso a bond convertibili, «ma registra un trend consolidato di decrescita e non mostra nel breve fattori catalizzatori che possano far rimbalzare l’azione, forse cresciuta troppo in passato» (tra il 2021 e il 2022). 

Non si può non citare il settore del lusso, che vive un momento molto delicato a causa del rallentamento degli acquisti da parte della Cina e del cambio di atteggiamento da parte del consumatore globale, osserva ancora Amendola. In questo contesto, Salvatore Ferragamo «si presenta come un brand già fragile di suo e che non è stato ancora in grado di fare un turnaround». Non a caso l’azione vede ben 9 sell, stando al consenso Bloomberg, con un target price medio a 6,42 euro, poco sopra il prezzo attuale. (riproduzione riservata) 


10/11/24 Forbes: All’interno della scommessa di 3,9 miliardi di dollari di Wynn Resorts negli Emirati Arabi Uniti

Con il suo primo resort di casinò che aprirà nel 2027, un emirato poco conosciuto è improvvisamente un improbabile mercato dei giochi caldi. Ecco come il gigante dei casinò statunitensi ha fatto una scommessa ad alto rischio sul suo futuro e ha lasciato Abu Dhabi, Dubai e altri operatori di casinò nella polvere.

Il CEO di Wynn Resorts Craig Billings ha sollevato le sopracciglia un anno fa quando ha detto agli investitori che gli Emirati Arabi Uniti erano “la nuova apertura di mercato più eccitante degli ultimi decenni”. Al di fuori dell’Egitto e del Libano, i casinò sono praticamente inesistenti in Medio Oriente, poiché la maggior parte dei paesi musulmani in genere vieta il gioco d’azzardo. Ancora più intrigante: all’epoca in cui Billings era entusiasta del futuro del gioco degli Emirati Arabi Uniti, il regno aveva esattamente zero casinò. Non aveva nemmeno un’autorità di gioco.

Ma a quel punto Wynn aveva già lanciato i dadi sugli Emirati Arabi Uniti. Nel 2022, la società ha annunciato un nuovo ambizioso progetto: un “resort integrato” di lusso da 3,9 miliardi di dollari ambientato su un isolotto di barriera artificiale nell’emirato di Ras Al Khaimah, noto anche come RAK. I piani prevedevano una scintillante torre dell’hotel con 1.500 camere e suite di fascia alta, nonché ville private sul porto turistico adiacente al resort. Ci sarebbero 24 ristoranti e lounge, una spa, un beach club, una piscina di 9 acri, una spianata per lo shopping di fascia alta, molteplici luoghi di intrattenimento e spettacoli notturni di laser e luci all’avanguardia. Fin dall’inizio, i progetti includevano un piano di gioco, anche se, all’epoca, Wynn non aveva ancora una licenza di casinò.

La scommessa di Billings ha dato i suoi frutti il mese scorso, quando la General Commercial Gaming Regulatory Authority (GCGRA) degli Emirati Arabi Uniti ha assegnato a Wynn la prima licenza di operatore di gioco commerciale negli Emirati Arabi Uniti. In particolare, il casinò è solo l’inizio del gioco d’azzardo negli Emirati Arabi Uniti. La nascente autorità di gioco d’azzardo ha anche recentemente dato il via libera alla sua prima lotteria nazionale e si sta anche preparando a lanciare un mercato iGaming regolamentato, che comprende le scommesse sportive e qualsiasi scommessa su un risultato futuro.

La prima scommessa di Wynn sugli Emirati Arabi Uniti ora sembra essere vincente. Ma in realtà era un rischio enorme, considerando che il GCGRA è stato formato solo dopo che Wynn si era già impegnato a costruire. “Wynn ci ha detto per tutto il tempo che si sentiva fortemente fiducioso che avrebbero ottenuto questa licenza, ma poi ci è voluto un po’”, dice Chad Beynon, un analista senior che si occupa di giochi, alloggi e teatri per Macquarie Capital. “Intempo, stavano costruendo questa proprietà. Se non avessero mai ottenuto quella licenza, sarebbe stato enormemente dannoso per gli azionisti.”

Il Wynn Al Marjan, che dovrebbe aprire nel 2027, è una joint venture tra Wynn e RAK Hospitality Holding, presieduta dal principe ereditario 37enne dell’emirato, Sheikh Mohammed bin Saud bin Saqr Al Qasimi. Wynn Resorts possiede il 40% del progetto Al Marjan. Secondo i documenti della SEC, la società ha investito 455 milioni di dollari durante i primi nove mesi del 2024, portando la sua spesa a vita a 533 milioni di dollari. La restante quota proporzionale del 40% di Wynn del patrimonio netto richiesto è da 800 a 875 milioni di dollari, ha detto il CFO della società Julie Cameron-Doe agli investitori nella chiamata sugli utili del terzo trimestre di lunedì. Ciò porterebbe l’investimento totale previsto di Wynn nel progetto a circa 1,4 miliardi di dollari.

 E’ significativo che Wynn non abbia collaborato con una delle due potenze economiche degli Emirati Arabi Uniti, Abu Dhabi o Dubai, ma con Ras Al Khaimah molto meno noto. Il più settentrionale dei sette emirati, RAK ha un PIL di 11,5 miliardi di dollari, solo il 2% del valore di tutti i beni e servizi prodotti negli Emirati Arabi Uniti. Leggermente più grande della Carolina del Sud, RAK confina con l’Oman a nord e ad est e con l’emirato di Umm Al Quwain a sud. Il suo nome si traduce approssimativamente in “la testa della tenda”, dove gli archeologi hanno trovato segni di civiltà risalenti a 7.000 anni fa. Nei giorni moderni, il principale motore economico dell’emirato è RAK Ceramics, un’azienda che produce 123 milioni di metri quadrati di piastrelle e 5 milioni di unità di ciò che è eufemisticamente noto come “sanitari” – lavandini, vasche da bagno, servizi igienici – con un risultato di 545 milioni di dollari di entrate all’anno. Quella figura dovrebbe essere eclissata da Wynn Al Marjan una volta lanciata.

“Sulla base di ciò che Wynn ha comunicato con noi”, dice Beynon, “il loro emirato è molto adatto alle imprese”. Ipotizza che sia molto più facile per Wynn lavorare con RAK semplicemente perché ci sono meno parti interessate locali che potenzialmente sfidano il progetto. Per prospettiva, Beynon fa un esempio più vicino a casa. “Miami voleva ottenere una licenza di casinò negli ultimi 20 anni”, dice. “E la Disney si opporrebbe. I centri congressi di Miami si opporrebbero. Ristoranti e hotel si opporrebbero. Credo che questo sia il rischio a Dubai e Abu Dhabi. Sono già stabiliti con decine di miliardi di dollari di investimenti da altri.”

Quando il resort aprirà tra tre anni, Wynn Al Marjan sarà la cartina di tornasole per vedere se i casinò avranno successo negli Emirati Arabi Uniti. “Il modo in cui la penso è così”, ha detto Billings agli investitori in una chiamata sugli utili del terzo trimestre la scorsa settimana. “Non esiste un vero e proprio resort integrato, davvero, su quella metà del pianeta, ok? Quindi il più vicino sarà in Asia: Singapore o Macao”. Ha poi notato la massiccia popolazione entro un volo di otto ore degli Emirati Arabi Uniti. “Hai 86 milioni di porti aerei che arrivano all’aeroporto di Dubai, e siamo a circa 55 minuti attraverso una delle tre autostrade a sei corsie dall’aeroporto di Dubai”.

“E poi, hai 10 milioni di persone a livello locale, nove milioni delle quali non sono degli Emirati e, quindi, sono in grado di giocare”, ha continuato Billings. In effetti, gli espatriati costituiscono circa l’88% della popolazione degli Emirati Arabi Uniti, collocando il regno secondo solo al Vaticano nella proporzione di espatriati rispetto ai cittadini. Circa il 70% della popolazione straniera del paese proviene dall’Asia meridionale (in particolare da India, Bangladesh e Pakistan) o dall’Egitto.

“Siamo fiduciosi che il resort sarà una destinazione turistica ‘da non perdere’ negli Emirati Arabi Uniti e ci aspettiamo che sosterrà una forte crescita a lungo termine del cash flow”, ha detto Billings agli investitori la scorsa settimana, aggiungendo che la costruzione dell’hotel ha ora raggiunto il 24° piano, rendendo il Wynn Al Marjan già l’edificio più alto di RAK. (Una volta completata, la torre dell’hotel di 1.000 piedi sarà la 19a più alta degli Emirati Arabi Uniti e circa un terzo alta del Burj Khalifa di Dubai, la torre più alta del mondo.)

Billings ha detto che crede che gli Emirati Arabi Uniti saranno un mercato di gioco da 3 miliardi a 5 miliardi di dollari e che Wynn dovrebbe avere un salto di due o tre anni prima che altri rivali degli operatori di casinò entrino nella regione. Beynon ritiene che sia un’ipotesi conservatrice. “A questo punto potrebbero avere un vantaggio di cinque anni”, dice, osservando che il CEO di MGM Resorts Bill Hornbuckle ha recentemente richiesto una licenza di casinò degli Emirati Arabi Uniti ad Abu Dhabi.

“Il modo in cui funzionerà, il governo federale, il governo di Abu Dhabi, lo approverà”, ha detto Hornbuckle a una folla allo Skift Global Forum a settembre. “Abbiamo fatto domanda per qualcosa lì e speriamo di vincere qualcosa lì. Allora ogni sovrano avrà la sua voce in capitolo. È come uno stato, dove ogni stato dice sì o no.”

Alcuni hanno comparato ciò che sta accadendo negli Emirati Arabi Uniti alla costruzione di una Las Vegas in Medio Oriente. Ma Beynon vede un’analogia migliore in Giappone, che è sulla buona strada per accogliere il suo primo casinò entro il 2030. Proprio mentre gli Emirati Arabi Uniti si sta aprendo al gioco, anche il Giappone sta ponendo fine al suo divieto di lunga data sul gioco d’azzardo. E come negli Emirati, se gli operatori di casinò statunitensi vogliono entrare nel mercato giapponese, devono prima collaborare con partner locali. Osaka Integrated Resort, o Osaka IR, è un casinò-hotel da 233 milioni di dollari da costruire a Yumeshima, un’isola artificiale nella baia di Osaka. Il progetto è una joint venture tra MGM Resorts e Orix, un gruppo giapponese di servizi finanziari, con ciascuna parte che possiede una partecipazione del 40%. Il restante 20% è distribuito tra altre 22 aziende, tra cui Panasonic Holdings e West Japan Railway.

Simile a come i casinò statunitensi negli Emirati Arabi Uniti sono tenuti a collaborare con il leader del loro emirato, le rivalità regionali del Giappone servono anche a limitare la concorrenza. “Ogni [azienda di casinò] che fa affari in una città o regione è essenzialmente in competizione con tutti gli altri all’interno di quella città o regione”, spiega Beynon. “E poi hai i tuoi vincitori locali”. In effetti. Secondo le previsioni, Osaka IR prevede di portare 3,6 miliardi di dollari di entrate annuali, con circa l’80% dei quali provenienti dalle operazioni dei casinò.




05/11/24 Briefing.com: I risultati del terzo trimestre di Wynn Resorts accendono la pressione di vendita; la domanda a Macao rimane sana (WYNN)

L’operatore di casinò e hotel Wynn Resorts (WYNN -8%) ha mancato le stime degli utili e delle vendite del terzo trimestre con margini considerevoli, stimolando un significativo ritiro oggi. La domanda è rimasta sana nei mercati principali di WYNN, tra cui Las Vegas e Macao, che si trovano in Cina e comprendono circa la metà delle entrate annuali dell’azienda.

Tuttavia, gli impegnativi confronti anno/anno e le ristrutturazioni delle stanze in corso hanno invaso le prestazioni complessive nel trimestre. WYNN ha migliorato le sue esperienze di camera d’albergo negli ultimi quarti, causando migliaia di notti in camera fuori servizio. Un chiaro punto di contesa tra gli investitori oggi è che i lavori di ristrutturazione di WYNN dovrebbero far sì che il 2025 assomigli al 2024 in termini di notti di camera di gruppo, il che potrebbe continuare a mettere sotto pressione i numeri trimestrali. Queste imperfezioni non stanno solo facendo smantizzare i rivestimenti d’argento del trimestre, ma anche l’aumento di 1,0 miliardi di dollari di WYNN alla sua autorizzazione al riacquisto di azioni, che rappresenta circa il 10% della sua capitalizzazione di mercato.

  • Per il secondo trimestre consecutivo, WYNN non è stata all’altezza delle stime di linea superiore e di fondo, fornendo EPS rettificato di 0,90 dollari nel terzo trimestre su un magro aumento dell’1,3% delle entrate anno/anno a 1,69 miliardi di dollari. Le entrate operative a Las Vegas sono diminuite dell’1,9% anno/anno a 607,2 milioni di dollari. La relativa debolezza derivava da un modesto calo della tenuta del tavolo, che si riferisce a quanti soldi vince un casinò da un tavolo. D’altra parte, le entrate di WYNN a Boston sono aumentate dell’1,8% su anno a 214,1 milioni di dollari.
  • L’aumento dei costi del lavoro ha ostacolato la redditività di WYNN negli ultimi trimestri, specialmente a Las Vegas. Nel terzo trimestre, la pressione salariale ha sostenuto una contrazione di 210 bp dei margini EBITDAR anno/anno a Las Vegas al 33,4%. Tuttavia, a Boston, WYNN ha goduto di un aumento di 60 punti base dei margini anno/anno, riflettendo il successo nel mitigare gli aumenti salariali legati al sindacato con l’efficienza dei costi.
  • Il mercato principale di WYNN a Macao ha fornito alcuni punti salienti, tra cui un miglioramento del 6,3% delle entrate anno/anno a 871,7 milioni di dollari, supportato da giochi da tavolo che rimangono in un intervallo normale. Se i giri si aggirano intorno a un tasso simile nel quarto trimestre, WYNN sta fissando un salto di circa +16% delle entrate di Macao anno/anno per l’anno fiscale. Mentre i margini EBITDAR si sono compressi di 90 bps all’anno, sono avanzati di 210 punti base rispetto al 3Q19. La contrazione anno/anno rifletteva maggiori spese salariali.
  • Guardando al futuro, le prospettive a lungo termine di WYNN che circondano Macao rimangono decisamente rialziste. Nel frattempo, la costruzione di WYNN del suo hotel/casino negli Emirati Arabi Uniti sta procedendo rapidamente. WYNN crede che l’UAW diventerà un mercato di gioco da 3-5 miliardi di dollari. Al di fuori degli Emirati Arabi Uniti, WYNN continua a esplorare potenziali opportunità in città attraenti.

Mentre molti sviluppi positivi hanno riempito il rapporto del terzo trimestre di WYNN, la sua performance complessiva è stata deludente. Le preoccupazioni che circondano la Cina potrebbero essere il più grande ostacolo per WYNN da superare a breve termine man mano che l’economia della regione si deteriora, ponendo una maggiore dipendenza dagli stimoli governativi per evitare una ricaduta più profonda. Altri nel settore hanno a che fare con venti contrari simili, ma rimangono fiduciosi nella domanda sostenuta. Las Vegas Sands (LVS) ha espresso ottimismo il mese scorso sul fatto che Macao tornerà in un posto più forte nel prossimo futuro. Allo stesso modo, MGM Resorts (MGM) ha registrato una crescita record a Macao durante il terzo trimestre, alimentando la fiducia nella salute a lungo termine del mercato.


23/10/24 Briefing.com: Boeing scende sui datidel terzo trimestre; ma nuovo CEO fornisce dettagli sugli sforzi di turnaround (BA)

Boeing (BA -2%) sta negoziando più in basso dopo il suo rapporto del terzo trimestre di questa mattina. Il gigante aerospaziale aveva appena emesso una guida al ribasso l’11 ottobre, quindi non ci sono state molte sorprese. Inoltre, il focus di questo rapporto non era davvero sui risultati finanziari. Boeing sta lottando e pensiamo che gli investitori si stessero concentrando maggiormente sui commenti del nuovo CEO Robert “Kelly” Ortberg, che ha preso il timone l’8 agosto. Questa è stata la sua prima chiamata agli utili al timone, quindi ha suscitato il nostro interesse.

  • Boeing ha riportato una perdita, come previsto, ma è stata un po’ più grande del previsto. Le entrate sono diminuite dell’1,5% anno/anno a 17,84 miliardi di dollari, che era in linea con le recenti linee guida. Le entrate del segmento degli aerei commerciali del terzo trimestre sono diminuite del 5% anno/anno a 7,44 miliardi di dollari. Il segmento è stato colpito da 3 miliardi di dollari di addebiti relativi ai programmi 777X e 767. Anche l’interruzione del lavoro IAM e l’aumento della spesa in ricerca e sviluppo hanno avuto un impatto sui margini.
  • Oltre alle indicazioni, Boeing ha annunciato l’11 ottobre che avrebbe implementato una riduzione del 10% della forza lavoro e ha annunciato un ritardo per il suo programma 777X. Con tutto ciò che si sa, gli investitori erano principalmente concentrati sulla visione di Ortberg per il resto del 2024 e nel 2025. Ha ammesso che la fiducia nella società è stata erosa e Boeing è gravata da troppi debiti. La sua missione è trasformare questa grande nave nella giusta direzione e riportare Boeing in una posizione di leadership.
  • Si è concentrato sul cambiare la cultura e su come inizia dall’alto e si fa strada fino al piano di fabbrica. Inoltre, Boeing deve stabilizzare l’attività. Questo è stato un obiettivo centrale da quando Ortberg è subentrato ad agosto. Prima di tutto, lo sciopero IAM deve finire. Tuttavia, ci vorrà del tempo per aumentare poiché Boeing deve riavviare le fabbriche e la catena di approvvigionamento, ed è molto più difficile accenderlo che spegnerlo.
  • Guardando al futuro, Boeing era solito fornire una guida, ma è stata in attesa per un po’ di tempo. Tuttavia, ha detto che si aspetta che il 2025 sia un altro anno che utilizza il denaro. Tuttavia, Boeing si aspetta un miglioramento significativo in termini di utilizzo del contante rispetto al 2024. È importante sottolineare che Boeing prevede di uscire dal 2025 con un vero slancio nel settore mentre torna ai normali tassi di produzione. Inoltre, Boeing ha lavorato con i partner della catena di approvvigionamento per ridurre significativamente le spese e la riduzione della forza lavoro ridurrà i costi del lavoro. Boeing ha anche implementato in modo decisivo riduzioni della sua spesa discrezionale in tutta l’azienda.

Nel complesso, i numeri di questo trimestre non sono stati significativi come al solito dato che Boeing aveva appena guidato. Inoltre, date le sue lotte e i venti contrari (arresto IAM, ritardi 777X, riduzione della forza lavoro, spesa per R&S), gli investitori si stavano già preparando per una grande perdita nel terzo trimestre. Essendo un passo indietro, ci è piaciuto quello che abbiamo sentito da Ortberg sulla chiamata e la direzione che vuole prendere Boeing. Ci vorrà del tempo, ma sembra che una svolta da qualche parte nel periodo del 2026 sembri fattibile.


13/10/24 Göteborg Posten: Il CEO di Pole­star NYE: è ora di ini­ziare a ven­dere auto


Göteborg: Pole­star ha con­se­gnato meno auto nell’ultimo tri­me­stre rispetto all’anno pre­ce­dente. Que­sto nono­stante il fatto che ci siano più modelli sul mer­cato. Ora il CEO di NYE Michael Loschel­ler parla per la prima volta delle ven­dite deboli.
L’anno scorso, Pole­star ha dovuto ade­guare l’obiet­tivo di ven­dita al ribasso, dopo che il modello che il mar­chio gemello di Volvo aveva sul mer­cato – la Pole­star 2 – non ha ven­duto nei volumi ori­gi­na­ria­mente pre­vi­sti. Dopo una crisi per il mar­chio all’ini­zio dell’anno, in cui gli esperti si sono inter­ro­gati sul finan­zia­mento del mar­chio e sul dif­fi­cile prezzo delle azioni, Geely è entrata con una quota di pro­prietà mag­giore rispetto a prima, men­tre Volvo Cars ha ridotto la sua par­te­ci­pa­zione nel mar­chio.
Alla fine dell’estate, Tho­mas Ingen­lath e molti altri mem­bri chiave della dire­zione lascia­rono l’azienda.
I nuovi dati per il terzo tri­me­stre mostrano che Pole­star ha con­se­gnato meno auto ai clienti nel terzo tri­me­stre di quest’anno rispetto allo scorso anno. Il mar­chio ha ora tre modelli sul mer­cato, con il più grande SUV Pole­star 3 che ini­zia a essere con­se­gnato ai clienti durante l’estate e il SUV coupé Pole­star 4 che ini­zia a essere con­se­gnato ai clienti in Europa alla fine dell’estate. In pre­ce­denza, il Pole­star 4 è stato ven­duto solo in Cina dove è pro­dotto. La Pole­star 4 è anche influen­zata dalle nuove tariffe puni­tive dell’UE sulle auto elet­tri­che pro­ve­nienti dalla Cina.
Nono­stante i nuovi modelli, Pole­star ha con­se­gnato circa 11.900 auto ai clienti nel terzo tri­me­stre, rispetto a poco più di 13.900 lo scorso anno. E anche per i primi nove mesi, uno è in ritardo rispetto allo scorso anno: 32.300 auto rispetto a 41.844 auto.
Tut­ta­via, un punto posi­tivo è la Sve­zia, dove Pole­star vende più auto: ha aumen­tato le ven­dite di quasi il 50% offrendo ai clienti più punti ven­dita fisici.

Ora il CEO di Pole­star NYE, l’ex CEO di Opel Michael Loschel­ler, sta par­lando della situa­zione-ed è chiaro che crede che il mar­chio abbia biso­gno di acce­le­rare le ven­dite.
Una delle chiavi del nostro suc­cesso futuro sarà lo svi­luppo delle nostre capa­cità com­mer­ciali: pas­sare dalla pre­sen­ta­zione di auto alla ven­dita attiva di auto. Il modello di ven­dita più attivo sup­porta già le nostre ambi­zioni, poi­ché i primi mer­cati a imple­men­tarlo mostrano un’assun­zione di ordini sta­bile”.
Sem­bra anche che Pole­star si aspetta che i ricavi siano allo stesso livello dell’anno scorso, quando erano a 2 2,378 milioni, o poco più di SEK 25 miliardi. Il 2023 è stato anche un anno peg­giore del 2022 in ter­mini di entrate.
Il mar­chio ha già detto che si aspetta di rag­giun­gere il punto di rot­tura in cui le entrate deri­vanti dalle ven­dite ini­ziano a supe­rare i costi, il cosid­detto cash flow break even, il pros­simo anno. Ora l’azienda dice che acca­drà alla fine del pros­simo anno.
Allo stesso tempo, il mar­chio afferma che è in fase di revi­sione della stra­te­gia e delle ope­ra­zioni.
“Insieme al team di gestione, stiamo rive­dendo la nostra stra­te­gia e le nostre ope­ra­zioni per creare un chiaro per­corso per il con­ti­nuo svi­luppo di Pole­star”, ha affer­mato il CEO di NYE.
Pole­star afferma inol­tre di avere un ”dia­logo costrut­tivo” con i suoi finan­zia­tori sui ter­mini del pre­stito.


02/10/24 Göteborg Posten : Rendimi o Volvo i miei denari…

Collocata come azione per il popolo -il valore di Volvo Cars sta crol­lando

Sarebbe stata la nuova azione per gli investitori privati. Ma per i pic­coli rispar­mia­tori, Volvo Cars è stato un vero e pro­prio taglio nel por­ta­fo­glio di rispar­mio. La domanda è: cosa signi­fica dav­vero che l’azienda ha perso gran parte del suo valore dalla quo­ta­zione nel 2021? “Al mer­cato azio­na­rio non piac­ciono le auto“, dice il pro­fi­ler del rispar­mio e del mer­cato azio­na­rio Joa­kim Bor­nold.
Nell’attuale elenco dei valori di mer­cato delle borse mon­diali, Volvo Cars si col­loca al 38 ° posto tra i mar­chi e i gruppi auto­mo­bi­li­stici mon­diali-molto indie­tro rispetto alla con­so­ciata Geely Auto, ma anche dopo i nuovi mar­chi come l’ame­ri­cana Lucid, la cinese Nio e Xpeng e anche dopo la rela­ti­va­mente sco­no­sciuta start-up viet­na­mita Vin­fast Auto.
Il valore di mer­cato alla borsa di Stoc­colma è sceso al di sotto dei 75 miliardi di corone sve­desi a set­tem­bre e da allora è leg­ger­mente salito di nuovo, a poco più di 80 miliardi di corone sve­desi. Que­sto è infe­riore, ad esem­pio, alla col­lega indu­striale SKF di Göteborg e molto, molto meno del gigante dei camion AB Volvo, che vale circa 550 miliardi di corone sve­desi.

Allo stesso tempo, le ven­dite e il fat­tu­rato di Volvo Cars sono in costante aumento. L’azienda ha anche bat­tuto un record di pro­fitti nell’ultimo tri­me­stre e ha anche ripor­tato una red­di­ti­vità record.
Ma il prezzo delle azioni non riflette i suc­cessi pas­sati, ma come si pre­vede che i pro­fitti si svi­lup­pino in futuro. Per­ché gli inve­sti­tori non cre­dono in Volvo?
A set­tem­bre, la quota ha regi­strato il suo livello più basso, in con­nes­sione con il fatto che la società ha abbas­sato l’obiet­tivo di red­di­ti­vità e ha posti­ci­pato la pre­vi­sione di quando diven­terà un mar­chio di auto pura­mente elet­tri­che. Ma il corso è stato sotto pres­sione per qual­che tempo.
“Ci si potrebbe chie­dere per­ché le azioni Volvo Cars sono valu­tate così in basso. In ter­mini di risul­tati, va ancora abba­stanza bene e anche in ter­mini di ven­dite. Ma un pro­blema per l’azienda è che a nes­suno in borsa piac­ciono dav­vero le auto, dice l’eco­no­mi­sta Joa­kim Bor­nold.

Joa­kim Bor­nold ha un back­ground come bro­ker mana­ger presso, tra gli altri
Skan­dia ed è stato respon­sa­bile del tra­ding di azioni e deri­vati alla Borsa di Stoc­colma prima di diven­tare un eco­no­mi­sta di rispar­mio presso Nord­net. Oggi gesti­sce la piat­ta­forma di rispar­mio Levler. Il suo punto è che alcune cose sono dif­fi­cili da influen­zare per le aziende.
Non importa quanto sei bravo. Se a nes­suno piace la pasta, non importa quanto sia buona la pasta che cucini.
Per­ché a nes­suno piace la pasta?
“Per il mer­cato azio­na­rio, la tran­si­zione verso le auto elet­tri­che e l’elet­tri­fi­ca­zione sem­bra incerta. Quanto velo­ce­mente andrà? Chi sarà il vin­ci­tore della con­ver­sione? E quanti soldi costerà? E ‘ que­sto che spa­venta.
“È un’incer­tezza quando l’intero set­tore è in sub­bu­glio, dopo che Tesla è apparsa e ha spa­ven­tato tutti”, afferma Joa­kim Bor­nold.
Se si guar­dano le sta­ti­sti­che di ven­dita delle auto elet­tri­che pure, si vede una forte corsa nell’UE, con oltre il 40 per cento. Nel mer­cato più grande, la Ger­ma­nia, le ven­dite sono quasi crol­late rispetto all’anno pre­ce­dente, il che è anche legato al fatto che la Ger­ma­nia ha abo­lito il bonus per le auto elet­tri­che a dicem­bre dello scorso anno. Ma anche altri mer­cati, come la Sve­zia, hanno visto un forte calo. In Sve­zia, il governo ha rimosso il bonus nel 2022.
Una cat­tiva eco­no­mia, le tariffe sulle nuove auto elet­tri­che a basso costo dalla Cina e l’eli­mi­na­zione dei sus­sidi per le auto elet­tri­che hanno reso il prezzo delle auto elet­tri­che rela­ti­va­mente alto per i pri­vati. La ridu­zione dei prezzi della ben­zina e l’insuf­fi­ciente infra­strut­tura di rica­rica sono altri fat­tori che sono stati evi­den­ziati.
L’asso­cia­zione euro­pea di cate­go­ria Acea ha pub­bli­cato un comu­ni­cato stampa a set­tem­bre chie­dendo un’azione imme­diata da parte dell’UE per soste­nere la tran­si­zione del set­tore verso le auto elet­tri­che. In Ger­ma­nia, il gigante Volk­swa­gen ha per­sino dichia­rato che ha biso­gno di chiu­dere le fab­bri­che. La situa­zione per i mar­chi auto­mo­bi­li­stici euro­pei non è certo più facile quando il prin­ci­pale mar­chio ame­ri­cano, Tesla, ha ini­ziato la guerra dei prezzi abbas­sando dra­sti­ca­mente i prezzi delle sue auto elet­tri­che.

  • È pos­si­bile acqui­stare una Tesla con zero per cento di inte­resse. La società è auto­riz­zata a pren­dere in pre­stito a tassi di inte­resse signi­fi­ca­ti­va­mente più alti e va in per­dita quando scel­gono di sov­ven­zio­nare i pre­stiti per con­vin­cere i con­su­ma­tori a com­prare le auto. E que­ste sono le auto che dovreb­bero comun­que essere con­si­de­rate le più attraenti. Mostra quanto velo­ce­mente si è fer­mato, dice Joa­kim Bor­nold.
    Quindi: Volvo Cars non è certo l’unico mar­chio tra­di­zio­nale che ha visto un prezzo delle azioni in calo. E anche il mer­cato delle auto elet­tri­che pure – dove Volvo ha detto che si sta diri­gendo-è stato tra­bal­lante. Allo stesso tempo, si può notare che Volvo Cars in que­sto con­te­sto ha un valore infe­riore rispetto a diversi nuovi mar­chi più incerti che non hanno visto la stessa cre­scita delle ven­dite.
    “Volvo Cars, come mar­chio sve­dese, ha un impor­tante pro­prie­ta­rio cinese. Crea punti inter­ro­ga­tivi in una situa­zione in cui c’è un aumento dell’attrito tra occi­dente e Cina. Non si tratta solo di dazi all’impor­ta­zione, ma anche di chi con­trol­lerà Volvo Cars, se vuole essere di pro­prietà cinese. Crea incer­tezza intorno alla quota, quando hai un pro­prie­ta­rio così grande che è così lon­tano-sia let­te­ral­mente che sim­bo­li­ca­mente, dice Joa­kim Bor­nold.
    Il prin­ci­pale pro­prie­ta­rio di Geely e Volvo Cars, Li Shufu – che in Europa si fa chia­mare Eric Li-ha rice­vuto cri­ti­che dalla stampa com­mer­ciale per non essere fisi­ca­mente pre­sente, ad esem­pio, alle riu­nioni gene­rali di Volvo Cars, ai Capi­tal Mar­kets days o alle riu­nioni rego­lari del con­si­glio di ammi­ni­stra­zione.
    Quanto peso ha il mer­cato su un pro­blema del genere?
  • Molto pesante. Ci sono diversi pro­blemi con un pro­prie­ta­rio prin­ci­pale assente. Quanto è inte­res­sato il pro­prie­ta­rio prin­ci­pale quando non ha la forza di appa­rire in un’assem­blea gene­rale annuale? È per­ché non è inte­res­sato a Volvo Cars o per­ché non gli importa degli altri azio­ni­sti? In ogni caso, è pre­oc­cu­pante, dice Joa­kim Bor­nold.
    Allo stesso tempo, Volvo Cars ha avuto uno svi­luppo posi­tivo da quando Geely ha acqui­stato il mar­chio da Ford, afferma Bor­nold.
    “Ho seguito Volvo Cars da un’azienda sve­dese a un’azienda ame­ri­cana a un’azienda cinese. E cer­ta­mente non hai gui­dato Volvo Cars nel fosso, ma al con­tra­rio hai otte­nuto Volvo Cars in pista.
    “Sotto la pro­prietà cinese, Volvo è cre­sciuta e ha pro­spe­rato in un modo in cui non eri nean­che lon­ta­na­mente vicino all’era Ford.
    Un altro fat­tore che può influen­zare il titolo è la pesante pro­prietà di Geely nella società. Si sie­dono su una gran parte delle azioni, che crea un basso ”flot­tante”, azioni per il com­mer­cio libe­ra­mente con, in Volvo Cars.
    – Un pro­blema con un basso “flot­tante” è che riduce la pos­si­bi­lità per i grandi gio­ca­tori di entrare e uscire dal magaz­zino, cioè di assu­mere posi­zioni in Volvo Cars. Volvo Cars diventa meno attraente per loro quando c’è un numero limi­tato di azioni da acqui­stare e ven­dere, afferma Joa­kim Bor­nold.
  • Allora puoi girarlo:
    Se, ad esem­pio, il nuovo SUV EX90 diventa un suc­cesso e ini­zia a for­nire numeri dav­vero buoni, beh, allora non ci sono azioni per entrare in pos­sesso e il prezzo può cor­rere invece.
    Il fatto che Volvo Cars possa valere meno di, per gli euro­pei com­ple­ta­mente sco­no­sciuti, il mar­chio viet­na­mita di auto elet­tri­che Vin­fast dovrebbe comun­que essere preso con un piz­zico di sale, dice Bor­nold. Oltre ad essere scam­biati su diverse borse, tali cose pos­sono essere influen­zate da giu­dizi casuali e dalla logica a volte strana dello scam­bio.
    “Tesla ha con­tri­buito a diverse aziende simili a Tesla che hanno rice­vuto una valu­ta­zione molto alta. I viet­na­miti sono diven­tati uno stock” meme ” negli Stati Uniti, con affer­ma­zioni che si tratta di una nuova Tesla, che ha cau­sato il prezzo a cor­rere.
    Un “meme stock” o meme stock è un titolo che diventa virale-popo­lare – tra i pic­coli rispar­mia­tori attra­verso l’influenza dei social media.
    “Il fatto che Volvo Cars sia valu­tata meno di alcune di que­ste nuove società dice di più su quanto la borsa fun­zioni male rispetto a quanto Volvo Cars sia male”, afferma Joa­kim Bor­nold.
    Ma ci si può chie­dere que­sta logica: cosa importa se il fat­tu­rato e il pro­fitto dell’azienda aumen­tano comun­que?
  • Per le aziende che sono a basso valore, può essere una pre­oc­cu­pa­zione se si intende rac­co­gliere capi­tali attra­verso la borsa. Sarà sem­pli­ce­mente più dif­fi­cile e più costoso rac­co­gliere capi­tali. La valu­ta­zione della borsa fissa un tim­bro di qua­lità che influi­sce sulle oppor­tu­nità di finan­zia­mento. E col­pi­sce anche indi­ret­ta­mente la società, quando si sta per rac­co­gliere capi­tali al di fuori della borsa, attra­verso il mer­cato finan­zia­rio.
  • Ciò che è dif­fi­cile come una società quo­tata è che si sono valu­tati ogni minuto. Non c’è nes­sun posto dove nascon­dersi.
    L’unica domanda è quando l’incer­tezza sulle auto elet­tri­che e sui nuovi mar­chi rispetto a quelli vec­chi si cri­stal­liz­zerà sotto forma di vin­ci­tori e vinti.
  • Sono sicuro che ci vor­ranno diversi anni. Si tratta di soprav­vi­vere a que­sta situa­zione e fare soldi. In que­sto modo, la quasi vec­chia XC90 sarà più impor­tante per Volvo rispetto alla nuova auto elet­trica EX90. Deve rima­nere e gene­rare flussi di cassa. È vec­chio come modello, ma anche deprez­zato, il che signi­fica che ci sono buoni gua­da­gni sull’auto, dice Bor­nold.
    Quando pensi che possa cam­biare?
  • Non ne ho idea, io stesso sono pas­sato da auto elet­trica a plug-in ibrido. Ma penso che quando volym­bils mar­chi come
    Fiat, Peu­geot, Renault e Opel hanno pic­cole auto elet­tri­che che sono dav­vero attraenti, quindi penso che il grande scon­vol­gi­mento verso le auto elet­tri­che stia final­mente avendo luogo. Abbiamo preso tutto un po ‘ in anti­cipo.
    Ste­fan Lun­din, addetto stampa di Geely per Geely Swe­den, risponde alla domanda secondo cui sul mer­cato sono dispo­ni­bili poche azioni Volvo Cars. Sot­to­li­nea che l’azienda sve­dese si trova a Lin­d­hol­men a pochi chi­lo­me­tri dalla sede di Volvo Cars a Tor­slanda e che”segue atten­ta­mente l’azienda e il suo svi­luppo”.
  • Come mag­giore azio­ni­sta di Volvo
    Siamo molto sod­di­sfatti dello svi­luppo dell’azienda e abbiamo fidu­cia nella stra­te­gia dell’azienda in futuro. Geely Hol­ding è pro­prie­ta­ria a lungo ter­mine e, in qua­lità di azio­ni­sta di una società quo­tata, comu­ni­chiamo even­tuali piani per ade­guare la nostra par­te­ci­pa­zione verso l’alto o verso il basso in con­for­mità con le regole del mer­cato.
    Alla domanda sulle cri­ti­che alla pre­senza di Li Shufu – Eric Lis – nel suo mar­chio euro­peo, Ste­fan Lun­din si rife­ri­sce a Volvo Cars e al suo uffi­cio stampa. E con­di­vide un link a un’inter­vi­sta con il CEO di Geely Swe­den Hol­dings, Hans Oscars­son, di Dagens indu­stri in cui afferma che si tratta di un equi­voco:
    “Quando si tratta del ruolo di Eric come pre­si­dente del Con­si­glio di ammi­ni­stra­zione di Volvo Cars e Geely Swe­den Hol­dings, è un pre­si­dente attivo e impe­gnato del con­si­glio e abbiamo riu­nioni sia fisi­che che digi­tali che fun­zio­nano molto bene”, afferma Hans Oscars­son, che pensa che si tratti di una falsa rap­pre­sen­ta­zione del coin­vol­gi­mento di Li Shufu in Volvo Cars. Egli sot­to­li­nea inol­tre che Geely ha con­tri­buito a diverse migliaia di nuovi posti di lavoro a Göteborg.
    Dal reparto stampa di Volvo Cars, Anna Ryd­holm risponde:
  • Eric Li ha par­te­ci­pato alle pre­ce­denti assem­blee gene­rali annuali tra­mite link. Tor­ne­remo con ulte­riori infor­ma­zioni su come sarà alla riu­nione del pros­simo anno a tempo debito. Per quanto riguarda il prezzo delle azioni, non com­men­tiamo su di esso o il suo svi­luppo.
    Nota a piè di pagina: negli ultimi giorni, il corso di Volvo Cars è pre­ci­pi­tato e pre­ci­pi­tato. Venerdì scorso c’è stato un rally dei prezzi delle azioni Volvo Cars dopo che la banca cen­trale cinese ha pro­messo sti­moli. Ma lunedì, il titolo è sceso invece dopo gli avver­ti­menti di minori pro­fitti nel set­tore auto­mo­bi­li­stico.

30/09/24 Briefing.com: EchoStar perde la sua connessione dopo aver raggiunto un accordo per unire Dish Network con DirecTV di AT&T

L’emergere di servizi di streaming come Netflix (NFLX) e Walt Disney (DIS) Hulu e Disney+ ha acceso una tendenza al taglio del cavo che continua a decimare i tradizionali mercati della TV via cavo e a pagamento fino ad oggi, ma potrebbe anche aver aperto la strada a una fusione tra DirecTV e Dish Network per materializzarsi finalmente. Dopo che Bloomberg ha riferito il 13 settembre che DirecTV (Tdi AT&T e Dish Network (SATSdi EchoStar erano coinvolti in negoziati di fusione, le due società hanno annunciato questa mattina che è stato raggiunto un accordo per combinare i servizi di TV satellitare.

  • Molti anni prima che lo streaming esistesse, DirecTV e Dish hanno tentato di unire le forze attraverso una fusione che avrebbe creato un colosso della pay TV all’epoca, ma i regolatori hanno abbattuto l’accordo nel 2001 a causa di preoccupazioni anticoncorrenziali. Avanti veloce ventitré anni dopo, e sembra implausibile pensare che la combinazione di due fornitori di TV satellitare sarebbe vista come una seria minaccia.
    • Con l’avvento dello streaming, DirecTV e Dish hanno subito una drammatica caduta in disgrazia, come evidenziato dalle perdite stimate di 7-8 milioni di abbonati per DirecTV nell’ultimo decennio e dai 6-7 milioni di perdite di abbonati per Dish durante questo stesso periodo.
  • A causa delle loro classifiche competitive molto più deboli, è opinione diffusa che le autorità di regolamentazione statunitensi darebbero il via libera a una fusione di DirecTV e Dish questa volta. Inoltre, mentre una combinazione tra i due probabilmente farebbe poco per rallentare la tendenza al taglio del cavo a lungo termine, un’opzione satellitare più competitiva potrebbe effettivamente essere positiva per il consumatore.

Da un punto di vista specifico dell’azienda, la transazione dovrebbe essere vantaggiosa sia per AT&T che per SATS, anche se SATS sta vivendo una brutta svendita oggi.

  • Dall’inizio di settembre, SATS era salito alle stelle del 55% prima delle perdite di oggi, sostenuta dalla suddetta storia di Bloomberg di un paio di settimane fa. Quindi, c’è un fattore sell-the-news in gioco, ma la debolezza potrebbe anche essere legata al fatto che gli azionisti si ostinano ai termini dell’accordo. Ad esempio, potrebbe esserci una certa delusione per quanto riguarda la componente di cassa della transazione, che ammonta a un relativamente modesto 1,0 miliardi di dollari.
    • DirecTV assumerà circa 9,75 miliardi di dollari nel debito di Dish, ma c’è una certa incertezza riguardo a questa parte dell’accordo. In particolare, gli obbligazionisti di Dish dovrebbero accettare che l’importo principale di almeno 1,57 miliardi di dollari di debito venga ridotto al fine di competere con l’offerta di scambio del debito.
  • Se l’accordo viene finalizzato, il bilancio di SATS, che deteneva oltre 24,0 miliardi di dollari di debito alla fine del secondo trimestre, sarebbe in una posizione significativamente più sana. L’azienda sarebbe anche libera di concentrarsi sul suo segmento wireless Boost Mobile, in cui ha versato miliardi di dollari negli ultimi anni per costruisce torri e acquistare licenze di spettro. In relazione a ciò, SATS ha ricevuto alcune buone notizie il 20 settembre quando la FCC ha concesso il suo framework di costruzione 5G per Boost Mobile.
  • Per AT&T, l’accordo gli consente anche di uscire finalmente dal business della TV satellitare. Nel 2021, la società ha fatto un passo avanti in questi sforzi, vendendo una partecipazione del 30% in DirecTV alla società di private equity TPG, con un netto di circa 16,0 miliardi di dollari. In relazione alla fusione di oggi, AT&T ha venduto la restante quota del 70% a TPG per 7,6 miliardi di dollari previsti in pagamenti in contanti da DirecTV fino al 2029.

Il principale takeaway è che il consolidamento era necessario poiché sia DirecTV che Dish sono stati schiacciati dalle piattaforme di streaming. Non solo la combinazione dei due fornirà sinergie di costo di almeno 1,0 miliardi di dollari all’anno, ma metterà anche l’azienda combinata in una posizione più forte per negoziare con i programmatori. Detto questo, è difficile immaginare che questa fusione avrà un effetto duraturo e materiale sul panorama competitivo nel mercato TV/streaming senza fine in vista per il fenomeno del taglio dei cavi.


26/09/24 Sole 24 Ore: Semestrale Tim


23/09/24 Briefing.com I guadagni iniziali di EchoStar a seguito delle notizie edificanti dalla FCC di venerdì svaniscono (SATS)

EchoStar (SATS) inizialmente ha sostenuto la sua alta orbita oggi a seguito della notizia che la FCC ha concesso il framework di costruzione della rete 5G dell’azienda venerdì dopo la chiusura. Tuttavia, all’apertura del mercato, i guadagni sono rapidamente svaniti.

Mentre la pay-TV rimane l’attività principale di SATS, comprendendo due terzi dei giri totali nel secondo trimestre, la società ha investito molto nel wireless come parte di un piano per sostituire la presenza di Sprint dopo che è stata acquisita da T-Mobile (TMUS) nel 2020. Il banner wireless di SATS funziona come Boost Mobile, che utilizza le torri Dish Wireless in combinazione con le torri di AT&T (T) e TMUS. Dish Network, che possiede Dish Wireless ed è tutto sotto l’ombrello SATS, ha investito decine di miliardi nella costruzione di torri e nell’acquisto di licenze per lo spettro. Di conseguenza, i dati finanziari di Dish Network – in definitiva i dati finanziari di SATS a seguito di una fusione all’inizio di quest’anno – si sono deteriorati nel corso degli anni, facendo pungere considerevolmente le battute d’arresto.

Tuttavia, allo stesso modo, le buone notizie possono inaugurare un’ondata di sostegno all’acquisto. Le azioni di SATS sono ancora in aumento di circa l’80% rispetto ai minimi di agosto. Il titolo è stato inizialmente messo in marcia da un rapporto di Bloomberg all’inizio di questo mese che ha notato che Dish Network era in discussione per risolvere una causa con i creditori che circondava un trasferimento di attività. Gli acquirenti hanno poi presso il gas dopo che Bloomberg ha riferito la scorsa settimana che AT&T stava discutendo di una fusione tra DirecTV e Dish Network.

  • La FCC che concede il quadro di costruzione di SATS è significativo. Uno dei principali ostacoli che Dish Network ha dovuto affrontare prima di fondersi con SATS stava facendo il salto dalla copertura di un richiesto 70% della popolazione degli Stati Uniti al 75%. Mentre un salto del 5% sembra semplice, significava dover coprire le aree rurali, il che richiedeva il pagamento per nuove infrastrutture. Con l’approvazione della FCC, SATS ora prevede di coprire l’80% della popolazione degli Stati Uniti entro la fine di quest’anno, altri 30 milioni di famiglie dal suo requisito del 70%.
  • Parte della copertura più elevata si basa su AT&T e TMUS. Gli individui nelle aree in cui SATS deve ancora implementare la copertura 5G attingeranno alle reti dei suoi partner. Ciò si traduce anche in una maggiore efficienza in quanto riduce le risorse necessarie per installare l’infrastruttura due volte in ogni torre.
  • Allora perché le azioni sono lente oggi? Gli investitori hanno valutato molte buone notizie in un lasso di tempo relativamente breve, domando l’annuncio di venerdì. Inoltre, il SATS sta ancora operando su un terreno traballante. Uscindo dal 2° trimestre, il suo bilancio ha riportato 24 miliardi di dollari di debito netto. Nel frattempo, le vendite si stanno contraendo anno in anno, ostacolate dalle tendenze di taglio dei cavi che erodono la domanda di Dish Network, esercitando una pressione costante sul reddito netto.

Il sentimento che circonda SATS è passato da desolente a energico in appena tre settimane dopo che una serie di storie edificanti si è precipitata al centro della scena. Mentre gli investitori hanno inizialmente risposto positivamente all’annuncio FCC di venerdì, una rapida corsa nelle ultime settimane combinata con un bilancio preoccupante ha stentato i guadagni di oggi. C’è molta incertezza che turbina intorno al SATS, che può produrre grandi oscillazioni dei prezzi in entrambe le direzioni. In quanto tale, il SATS dovrebbe essere visto con cautela, soprattutto dopo il suo rialzo mostruoso.


21/09/24 Sole 24 Ore: manovre sulle TIM Risp.


20/09/24 Briefing.com: PayPal sta facendo progressi nella trasformazione strategica con nuove campagne e partnership (72,68 +0,91)

  • PayPal si sta evolvendo nella piattaforma preferita dai più grandi marchi commerciali del mondo, società tecnologiche e processori di pagamento. L’azienda sta espandendo la propria portata collaborando con attori chiave dell’ecosistema che consentono loro di offrire esperienze senza soluzione di continuità e connesse a centinaia di milioni di consumatori e aziende attraverso la nostra rete in crescita.
  • La Società annuncia una nuova partnership con Amazon Buy con Prime. Per i marchi partecipanti che si integrano utilizzando l’API Buy with Prime, PayPal è ora disponibile al momento del pagamento dopo che gli acquirenti hanno effettuato l’accesso al loro account Amazon. E a partire dal prossimo anno, i membri Prime saranno in grado di eseguire un collegamento una tantum dal loro account Amazon al loro conto PayPal in modo che i vantaggi di spedizione gratuita e veloce Prime siano disponibili automaticamente ogni volta che usano PayPal mentre fanno acquisti con Buy with Prime sui siti web dei commercianti partecipanti. Siamo entusiasti di collaborare con Amazon per combinare la velocità e l’affidabilità della consegna Prime con il checkout semplice e conveniente di PayPal in un’unica esperienza sui siti commerciali partecipanti.

17/09/24 Milano Finanza: Tim, Davide Leone scommette sulle azioni di risparmio: compra il 10% e punta sui dividendi arretrati. Ecco quanto può incassare

Toh! Adesso tutti si accorgono dei dividendi arretrati che fanno cumulo….ma i lettori di questo Blog lo sapevano già sei mesi fa…. So soddisfazioni…. 😁😁😁😁😁

di Andrea Deugeni e Alberto Mapelli

L’hedge fund londinese Dl&Partners, già tra i principali azionisti di Banco Bpm, rastrella le azioni rnc, che volano a 0,28 euro. Il nodo del diritto di trascinamento delle cedole non pagate 

Davide Leone entra nel capitale di Tim. Il gestore italiano fondatore dell’hedge fund londinese Dl&Partners ha rastrellato il 10% delle azioni di risparmio del gruppo guidato da Pietro Labriola, che infatti hanno chiuso la seduta di ieri con un rialzo dell’1,41% a un soffio da 0,28 euro. 

Il pacchetto in mano a Leone, quindi, ha un valore di poco inferiore a 170 milioni. Anche le Tim ordinarie hanno chiuso con un rialzo dell’1,3%, vicino a 0,25 euro. 

Valore da estrarre

A confermare l’ingresso di Dl&Partners ieri è stato un rappresentante della stessa società d’investimento britannica, contattato dalla Reuters dopo che sul mercato erano cominciate a circolare indiscrezioni sulle mosse del fondo, noto alle cronache finanziarie italiane per l’investimento nel Banco Bpm. Leone infatti è uno dei principali azionisti della banca guidata da Giuseppe Castagna, istituto di cui ha in portafoglio il 5,47% del capitale, fra azioni dirette (il 2,22%) e posizioni lunghe (3,25%), dietro ai francesi del Credit Agricole e davanti a Blackrock

Leone ritiene che il settore delle tlc sia sottovalutato, così come lo era il comparto bancario quando nel 2017 entrò nel capitale del gruppo di Castagna. Inoltre il mercato della telefonia potrebbe essere alla vigilia di una fase di consolidamento in ambito Ue che potrebbe consentire l’estrazione di ulteriore valore dalle azioni Tim.

La scommessa sui dividendi privilegiati

La mossa del gestore, però, potrebbe essere letta anche in ottica speculativa, dato che sulle azioni di risparmio di Tim rimane pendente il tema dei dividendi maggiorati arretrati e non pagati negli ultimi tre esercizi (dal 2021 al 2023) in quanto la capogruppo Tim spa ha chiuso in rosso. Secondo lo statuto di Tim, infatti, «gli utili netti risultanti dal bilancio regolarmente approvato, dedotta la quota da destinare a riserva legale, devono essere distribuiti alle azioni di risparmio fino alla concorrenza del 5% di 0,55 euro per azione». Facendo un calcolo, il dividendo privilegiato massimo distribuibile da Tim annualmente dovrebbe essere pari a 170 milioni. Se ha racimolato il 10%, significa che l’incasso annuale arriva fino a 17 milioni

Gli azionisti di risparmio, inoltre, hanno un diritto di trascinamento del dividendo privilegiato per due anni. Il che significa che al primo utile di Tim spa, gli azionisti di risparmio avrebbero diritto al pagamento del dividendo maggiorato relativo a due esercizi precedenti a quello chiuso in utile. Potenzialmente, insomma, nella migliore delle situazioni possibili per il finanziere italiano, la Dl&Partners potrebbe racimolare fino a 34 milioni di dividendi privilegiati arretrati, a cui aggiungere altri 17 milioni per l’anno chiuso in utile. In totale, quindi, 51 milioni.

Un caso di scuola difficilmente realizzabile con il solo business ordinario? In realtà potrebbe diventare più concreto con il pagamento di eventuali earn out o altri incassi straordinari. In ogni caso la mossa di Leone rappresenta un tentativo di speculazione di segno opposto su Tim rispetto alle posizioni ribassiste aperte sul titolo (in versione ordinaria) negli scorsi mesi e che scommette su una svolta positiva per i conti del gruppo. (riproduzione riservata)


17/09/24 Sole 24 Ore: Rastrellato in borsa il 10% di Tim Risp.

Vedo con piacere che non sono più il solo a vedere l’affare su Tim Risp. 🙂


13/09/24 Sole 24 Ore: rialzo in borsa di Tim


02/09/24 Corriere Economia: Tim la storia infinita…


29/08/24 Goteborg Posten: nuovo CEO a Polestar

Tho­mas Ingen­lath lascia la carica di CEO di Pole­star, il nuovo CEO diventa un’altra per­sona con radici tede­sche: Michael Loh­schel­ler, che in pre­ce­denza era CEO di Opel, tra le altre cose.
Sve­zia: Tho­mas Ingen­lath si dimette da CEO di Pole­star, il nuovo CEO diventa un’altra per­sona con radici tede­sche: Michael Loh­schel­ler che in pre­ce­denza ha rico­perto il ruolo di CEO di Opel e ha avuto ruoli ese­cu­tivi in Volk­swa­gen.
In un comu­ni­cato stampa di mer­co­ledì, Pole­star ha annun­ciato che il CEO di lunga data Tho­mas Ingen­lath, che è stato coin­volto nella costru­zione del mar­chio auto­mo­bi­li­stico, ha scelto di dimet­tersi. Fini­sce il 1 otto­bre. Il nuovo CEO dopo Ingen­lath sarà Michael Loh­schel­ler, che ha una vasta espe­rienza nel set­tore auto­mo­bi­li­stico – ed è stato CEO della tede­sca Opel e Vin­fast e Nikola – que­sti ultimi due sono rispet­ti­va­mente un pro­dut­tore di auto elet­tri­che ame­ri­cano e viet­na­mita e una start-up.
La scorsa set­ti­mana, Pole­star ha annun­ciato che il capo desi­gner di lunga data Maxi­mi­lian Mis­soni si sta dimet­tendo e viene sosti­tuito dall’ex desi­gner Audi, il tede­sco Phi­lipp Römers.

Come sapete, Pole­star ha avuto un viag­gio dif­fi­cile – da un lato, il gio­vane mar­chio ha lan­ciato un totale di quat­tro modelli di auto, d’altra parte, non ha rag­giunto i suoi obiet­tivi di ven­dita lo scorso anno e aveva biso­gno di mag­giori finan­zia­menti, con Volvo che ven­deva la mag­gior parte della sua pro­prietà e Geely che entrava con una mag­giore pro­prietà.
Tho­mas Ingen­lath sarà licen­ziato come CEO?

  • No, si è dimesso, dice Theo Kjell­berg, addetto stampa di Pole­star.
    E cosa rende Michael Loh­schel­ler adatto come nuovo CEO?
  • Soprat­tutto, ha un back­ground nella gestione e com­mer­cia­liz­za­zione di mar­chi auto­mo­bi­li­stici. Quello che dob­biamo fare ora è pas­sare dalla cre­scita e costruire il mar­chio per com­mer­cia­liz­zare l’azienda in modo ope­ra­tivo.
  • Ha espe­rienza dal lato delle auto elet­tri­che nelle aziende di cui è stato CEO, ma vor­rei sot­to­li­neare che il suo prin­ci­pale punto di forza è l’espe­rienza ope­ra­tiva del vei­colo come CEO di una grande casa auto­mo­bi­li­stica: Opel.
    Tut­ta­via, Opel non è un mar­chio pre­mium?
  • E ‘cosi’, ma l’espe­rienza ope­ra­tiva e ‘la cosa piu’ impor­tante qui.
    Pole­star ha annun­ciato mer­co­ledì che né Tho­mas Ingen­lath né il CEO di NYE – a par­tire solo da otto­bre – erano dispo­ni­bili per le inter­vi­ste durante il giorno.
    Win­fried Vahland, Pre­si­dente del con­si­glio di ammi­ni­stra­zione di Pole­star che ha molti anni di espe­rienza mana­ge­riale del Gruppo Volk­swa­gen e che è suc­ce­duto a Håkan Samuels­son, com­menta il cam­bio di CEO:
    “Pole­star ha attra­ver­sato una fase di avvio ecce­zio­nale e con un por­ta­fo­glio di pro­dotti più ampio, Michael Loh­schel­ler è il lea­der ideale per gui­dare Pole­star attra­verso il pros­simo capi­tolo.
    “La sua pro­fonda cono­scenza del set­tore auto­mo­bi­li­stico, in par­ti­co­lare gui­dando l’otti­miz­za­zione del busi­ness, svi­lup­pando una stra­te­gia di pro­dotto uni­fi­cata e raf­for­zando la pre­senza glo­bale, sarà deter­mi­nante per Pole­star in futuro”, ha affer­mato, affer­mando che il prin­ci­pale pro­prie­ta­rio è pro­fon­da­mente impe­gnato nel con­ti­nuo svi­luppo di Pole­star.
    Lo stesso CEO di NYE fa il seguente com­mento:
    “Sono ono­rato di entrare a far parte di Pole­star in un momento così emo­zio­nante nella sto­ria dell’azienda. Pole­star si è già affer­mata come uno dei mar­chi più desi­de­ra­bili e inno­va­tivi nel seg­mento dei vei­coli elet­trici e non vedo l’ora di costruire su quella solida base e con­ti­nuare ad acce­le­rare il nostro svi­luppo.
    Il CEO uscente, Tho­mas Ingen­lath, lascia quanto segue com­men­tando la sua par­tenza:
    Sono molto orgo­glioso di ciò che abbiamo rag­giunto insieme negli ultimi sette anni. Ave­vamo una visione di un mar­chio di auto elet­tri­che pre­mium con design e pre­sta­zioni come gli attri­buti più cen­trali. E ci siamo riu­sciti, il sogno si è avve­rato.
    “Pole­star è oggi l’unico mar­chio glo­bale di auto elet­tri­che nel seg­mento pre­mium, abbiamo recen­te­mente lan­ciato Pole­star 3 e Pole­star 4 e ora pro­du­ciamo auto in due con­ti­nenti. “Gra­zie a tutti coloro che hanno con­tri­buito a que­sto viag­gio, è stata un’oppor­tu­nità unica nella vita costruire que­sto mar­chio con tutti voi”, ha detto in una dichia­ra­zione.

Sve­zia: è un momento cru­ciale per Pole­star-dopo anni di defi­ni­zione del mar­chio di pre­sta­zioni elet­tri­che, le ven­dite devono aumen­tare for­te­mente con i nuovi modelli in un ciclo eco­no­mico che è stato impe­gna­tivo per i nuovi mar­chi auto­mo­bi­li­stici. Poi si prende in mano un vete­rano da un mar­chio di volume, scrive GP Val­de­mar Lönnroth.
il com­pito di otte­nere una rota­zione sulle ven­dite per un mar­chio che è uno spin-off di Volvo e che, sotto l’attuale gestione, si è rita­gliato un mar­chio indi­pen­dente con un certo numero di modelli. I volumi sono già aumen­tati quest’anno, con due nuovi modelli, ma devono aumen­tare ulte­rior­mente.
Dal momento che Pole­star è sia un mar­chio di pre­sta­zioni di nic­chia, dove alcuni modelli sono pre­mium in vista di modelli più grandi e alcuni modelli immi­nenti sono auto di lusso con car­tel­lini dei prezzi ele­vati con volumi infe­riori con un car­tel­lino del prezzo ancora più alto, è impor­tante tro­vare l’equi­li­brio con volumi suf­fi­cienti in rela­zione al prezzo al fine di otte­nere entrate che for­ni­scono un punto di rot­tura in cui il mar­chio diventa red­di­ti­zio.
È diven­tato CEO del mar­chio auto­mo­bi­li­stico tede­sco Opel per qual­che tempo, nel 2017, quando il fran­cese PSA (Peu­geot-Citroën) ha preso il posto dei vec­chi pro­prie­tari dell’ame­ri­cana Gene­ral Motors – Saab Auto­mo­bi­les. Poi si trat­tava, tra le altre cose, di inve­stire nell’elet­tri­fi­ca­zione del mar­chio. Michael Loh­schel­ler ha par­lato molto della neces­sità che il mar­chio sia elet­tri­fi­cato e ha anche fatto dichia­ra­zioni posi­tive sull’elet­tri­fi­ca­zione attra­verso le celle a com­bu­sti­bile.
Poi qual­che anno fa è stato per un breve periodo CEO del mar­chio viet­na­mita di auto elet­tri­che e scoo­ter Vin­fast e poi ha gui­dato la start – up ame­ri­cana Nikola-che prende il nome dall’inven­tore Nikola Tesla – che svi­luppa camion e pic­kup elet­trici. Ha anche un back­ground come chief Finan­cial Offi­cer all’interno del Gruppo Volk­swa­gen. Quindi la spe­ranza del Con­si­glio di ammi­ni­stra­zione di Pole­star e del prin­ci­pale pro­prie­ta­rio Geely è che abbiano tro­vato un uomo che possa gover­nare ulte­rior­mente nel set­tore auto­mo­bi­li­stico in rapida evo­lu­zione, dove i nuovi mar­chi di auto elet­tri­che stanno spol­ve­rando stret­ta­mente, non ultimo dalla Cina.
Sì, il pre­si­dente del con­si­glio di ammi­ni­stra­zione, l’attuale e entrante CEO, così come i respon­sa­bili del design attuali e entranti sono tutti di lin­gua tede­sca. La Ger­ma­nia è il paese lea­der dell’indu­stria auto­mo­bi­li­stica in Europa, non da ultimo nei mar­chi pre­mium come BMW, Audi e Mer­ce­des.
Geely ha atti­rato un diri­gente Volk­swa­gen come CEO di Volvo, Ste­fan Jacoby, non appena ha rile­vato il mar­chio da Ford nel 2010. Nel 2015, lo scan­dalo delle emis­sioni” die­sel­gate ” ha ini­ziato a roto­lare anche negli Stati Uniti, in cui Volk­swa­gen e poi mar­chi come Audi erano al cen­tro dell’atten­zione. All’indo­mani dello scan­dalo, molti mana­ger esperti pro­ve­nienti dalla Ger­ma­nia hanno tro­vato nuovi inca­ri­chi in Sve­zia e, ad esem­pio, in Corea del Sud e in Cina quando i mar­chi hanno inve­stito lì.


26/08/24 Milano Finanza: Tim sale con l’ipotesi di una cordata per la quota di Vivendi: ecco cosa ne pensano gli analisti

di Alberto Mapelli

Rilevare per 500 milioni il 6/7% del capitale totale del gruppo valorizzerebbe le azioni tra 0,34 e 0,39 euro, a forte premio. Il titolo sale, ma i dubbi su tempi e struttura del deal rimangono

Tim svetta a Piazza Affari nella seduta del 26 agosto. Il titolo viaggia a un ritmo diverso dal resto della borsa, scambiando oltre 0,24 euro con un incremento a circa due ore dall’apertura degli scambi di quasi il 4%. 

A spingere il gruppo guidato da Pietro Labriola sono le indiscrezioni riportate dal Corriere della Sera nel weekend, che ipotizzano l’interesse di una cordata strutturata attorno all’ex consigliere di Vivendi Andrea Pezzi e all’ex guida di Cassa Depositi e Prestiti Claudio Costamagna per almeno una parte del pacchetto azionario di Vivendi. I due avrebbero sondato anche Tikehau e Blackstone per la partecipazione all’operazione. Ipotesi che è stata negata da alcuni degli stessi protagonisti al Corriere, ma che sta spingendo il titolo in borsa. 

L’ipotesi è in fase embrionale, ma le indiscrezioni parlano di una valutazione del 6-7% di Timper un prezzo intorno ai 500 milioni, decisamente a premio rispetto ai valori attuali di mercato. Mentre per creare valore si dovrebbe puntare, di fatto, a uno spezzatino del gruppo. 

L’analisi di Equita

Proprio sulla valutazione del pacchetto azionario ipotizzata si sofferma l’analisi di Equita. «Se fosse una quota del capitale complessivo (e non solo ordinario), vorrebbe dire nel mid-range una valutazione di circa 0,36 euro per azione (con un range tra 0,34 e 0,39 euro)», scrivono gli analisti. La struttura del deal, sottolinea inoltre Equita, «sembra quello seguito da Tim per l’uscita da Inwit, con un veicolo in cui Vivendi apporterebbe la quota residua in Tim e che quindi garantirebbe a Vivendi di mantenere la presa sull’intera stake del 23.7% ma cominciando a monetizzarne una parte».

Equita evidenzia anche come «lo schema indicato ha un senso, ma, come dice l’articolo stesso, sembra una proposta molto preliminare (alla stregua di molte altre che sono sicuramente allo studio da parte delle banche d’affari), non avendo ancora individuato i potenziali compratori, sondato l’interesse del venditore e il supporto politico al progetto e definito la strategia di valorizzazione». A essere interessante per Tim, però, è che «ci sia interesse per la quota di Vivendi in Tim» e che «le valutazioni indicate siano a forte premio rispetto ai corsi di borsa». 

La valutazione di Intermonte

Le indiscrezioni sul riassetto azionario del gruppo finalizzato ad un graduale disimpegno di Vivendi «potrebbero riaccedere l’appeal speculativo su Tim nel breve termine, in particolare sui titoli di risparmio su cui confermiamo la nostra preferenza», sottolinea invece Intermonte che ha un target price di 0,40 euro per le risparmio e di 0,38 euro per le ordinarie. «L’uscita di Vivendi – continua –  potrebbe, infatti, facilitare la conversione dei titoli di risparmio in azioni ordinarie, venendo meno la minoranza di blocco esercitata dai francesi nell’assemblea straordinaria chiamata ad approvare l’operazione». Una possibilità che era già stata bocciata, di fatto, da Vivendi con l’astensione nel 2015.

La sim si concentra poi sull’ipotesi spezzatino che «potrebbe accelerare il percorso di societarizzazione delle due business unit Tim Consumer e Tim  Enterprise in legal entities separate, Sparkle e Tim Brasil, migliorando la visibilità sulla strategia di valorizzazione dei due asset». Tuttavia Intermonte esclude un break-up del gruppo in più società quotate per complessità dell’operazione e tempi lunghi, oltre alle difficoltà di valorizzare correttamente da parte del mercato le diverse divisioni. Al contrario, Intermonte spiega che «il lancio di un’opa totalitaria su Tim finalizzata al completo delisting delle azioni e al successivo break up del gruppo ci sembra la soluzione preferibile e più market friendly, perché tutelerebbe maggiormente gli azionisti di minoranza, consentendo loro di cristallizzare un premio upfront, senza esporli ai rischi di execution del piano di break-up e della vendita delle altre attività». Tutte ipotesi che però, al momento, sono lontane dal concretizzarsi. (riproduzione riservata) 


15/08/24 Yahoo Finance: Polestar avvia la produzione di veicoli elettrici negli Stati Uniti per evitare i dazi cinesi

Il produttore di veicoli elettrici Polestar (PSNY) ha avviato la produzione del suo modello Polestar 3 EV presso lo stabilimento Volvo (VLVLY) di Charleston, nella Carolina del Sud. Questa mossa strategica dell’azienda svedese di avviare la produzione negli Stati Uniti ha lo scopo di evitare le tariffe imposte sui veicoli prodotti in Cina.

Pras Subramanian, produttore di auto senior di Yahoo Finance, analizza i dettagli, evidenziando i commenti del CEO di Polestar Thomas Ingenlath su come questa strategia di produzione nazionale aggiungerà “ulteriore importanza” e “rilevanza” per gli acquirenti di auto statunitensi.

Il video:

https://finance.yahoo.com/video/polestar-begins-ev-production-us-204038905.html?


13/08/24 Forbes: I Camion elettrici quasi uccisero Nikola. Ora quelli a Idrogeno la stanno salvando.

Il costruttore di camion elettrici in difficoltà vende il primo camion commerciale a celle a combustibile a idrogeno negli Stati Uniti, con il doppio della gamma di modelli di batterie e finora, i conducenti li adorano.

Nikola ha avuto alcuni anni difficili. Ha lavorato per sopravvivere al danno reputazionale e al crollo del prezzo delle azioni derivante dalle bugie del suo fondatore (che gli è valso una condanna a quattro anni di carcere). È stato costretto a richiamare centinaia delle sue prime motrici elettriche per riparare le batterie a rischio di prendere fuoco. Ma da quando ha iniziato a spedire grandi piattaforme alimentate a idrogeno alla fine dell’anno scorso, le cose stanno cambiando.

“È un buon camion. Il feedback dei conducenti, la vestibilità e la finitura, è solo superlativo”, ha detto Jim Gillis, presidente della regione del Pacifico per la società di autotrasporti IMC, che ha centinaia di semi che trasportano migliaia di carichi dentro e fuori dai porti di Los Angeles e Long Beach ogni giorno. “È indicato nella nostra flotta come la Bentley dei camion”.

IMC con sede a Collierville, Tennessee, specializzata nel trasporto di carichi tra porti e magazzini, è tra i primi e migliori clienti di Nikola, gestendo 50 dei suoi camion TRE FCEV a idrogeno in questo momento con altri 50 su ordinazione. E i conducenti, anche quelli diffidanti del telaio “cab-over” della vecchia scuola del camion, stanno salendo rapidamente a bordo, ha detto a Forbes.

“Quando ci metti per la prima volta un autista davanti, quell’intero design cab-over, un po’ come un camion dalla fine degli anni ’70, dall’inizio degli anni ’80, sono molto apprensivi. Ma una volta che ci salgono e fanno un viaggio non vogliono tornare indietro. L’esperienza dell’utente è semplicemente fantastica.”

I conducenti lo adorano perché il modello Nikola è molto più silenzioso del ruggito di un grande impianto diesel e manca della sua vibrazione rivelatriva – e dello scarico sporco. Il camion a idrogeno utilizza anche freni rigenerativi che catturano l’attrito dall’arresto e dalla decelerazione, quindi anche il forte rumore del freno ad aria dei camion convenzionali è sparito. Ha quasi il doppio della portata di trasporto utilizzabile di un semi alimentato a batteria e, in modo critico, il rifornimento richiede circa 20 minuti rispetto a ore di tempo di plug-in. Ma c’è un aspetto negativo: poiché questa tecnologia del gruppo propulsore è così nuova, non c’è ancora praticamente nessuna infrastruttura di rifornimento esistente e il costo del carburante a idrogeno è almeno il doppio di quello del diesel.

Per mantenere in funzione i camion di IMC, Nikola gestisce stazioni temporanee – essenzialmente serbatoi allestiti nei parcheggi – vicino ai porti tentacolari di Long Beach e vicino alle reti di magazzini in Ontario, in California. Una terza stazione mobile ha aperto a Santa Fe Springs, a metà strada tra le prime due, lunedì. I clienti di Nikola nella San Francisco Bay Area possono fare rifornimento in una stazione fissa True Zero gestita da First Element, una società privata che gestisce circa 50 stazioni di idrogeno in tutta la California che servono conducenti di auto a celle a combustibile, tra cui la berlina Mirai di Toyota e il SUV Nexo di Hyundai. Man mano che il volume dei camion cresce, Nikola prevede di costruire stazioni permanenti nel prossimo anno o due dove la domanda è più alta, utilizzando i fondi di sovvenzione dalla California. Sta anche trovando interesse in Canada, dove Walmart ha appena iniziato a usare un Tre FCEV vicino a Toronto. Il mese scorso, Nikola ha aperto la sua prima stazione di servizio mobile canadese a Etobicoke, Ontario.

I prezzi dell’idrogeno sono alti per ora, ma la disponibilità di carburante, storicamente una sfida per il mercato delle auto a celle a combustibile della California, non è un problema, ha detto a Forbes il CEO di Nikola Steve Girsky.

“Non siamo preoccupati nei prossimi sei mesi per l’approvvigionamento di idrogeno. “Francamente, pensiamo che ci sia un’abbondanza di offerta là fuori in questo momento””, ha detto.” “Non è al costo che vogliamo, ma fa parte della costruzione di una coalizione di partner”.

Quella coalizione probabilmente includerà produttori di veicoli e società energetiche. Girsky ha rifiutato di identificare se questi includono Toyota, Hyundai e Daimler, che si stanno preparando a vendere le proprie semi alimentate a idrogeno.

Nikola ha ricevuto alcune buone notizie tanto necessate il 9 agosto quando la società con sede a Phoenix ha registrato le sue migliori entrate trimestrali fino ad oggi grazie a una crescita migliore del previsto delle vendite di camion a idrogeno: 31,3 milioni di dollari, più del doppio dell’anno scorso. Tuttavia, è tutt’altro che redditizio, perdendo 133,6 milioni di dollari nel secondo trimestre. I risultati trimestrali hanno fato salire l’azione di Nikola venerdì prima di finire la giornata dell’8,2%. Le azioni sono scese del 5% lunedì.

Nella chiamata dei risultati dell’azienda, Girsky ha indicato che l’interesse per le semi a idrogeno dell’azienda sta crescendo, anche se non ha fornito una stima di consegna aggiornata per l’anno, mantenendo la sua guida fino a 350 camion nel 2024. Le consegne del secondo trimestre di camion hanno totalizzato 72 unità, al di sopra della guida dell’azienda di 60.

“Non solo stiamo ricevendo più chiamate da flotte interessate a distribuire camion a celle a combustibile, ma anche da partner strategici come OEM automobilistici, fornitori, produttori di idrogeno e grande energia che riconoscono il nostro ruolo di primo motore nell’economia dell’idrogeno”, ha detto.

Come il più grande mercato automobilistico negli Stati Uniti, la California è stata a lungo ground zero sia per i veicoli a batteria che a idrogeno, in parte grazie all’applicazione delle più severe regole sulle emissioni di scarico delle automobili del paese. Ha anche decine di migliaia di camion che trasportano merci dentro e fuori da enormi porti della California meridionale e di Oakland.

I camion a idrogeno possono costare più del doppio del prezzo di un modello diesel: quello di Nikola è di 390.000 dollari. Ma il governo li sta anche sovvenzionando, spingendo i long traier a prendere in considerazione i veicoli più verdi, offrendo sconti statali fino a 240.000 dollari per camion. I 387 buoni sconto per camion all’idrogeno che sono stati emessi finora sono andati in modo schiacciante a Nikola, anche se anche i modelli di Hyundai e della startup Hyzon si qualificano per l’incentivo, secondo il California Air Resources Board. Gli incentivi sono finanziati dalle entrate derivanti dalla vendita statale di crediti per l’inquinamento.

Alla fine del secondo trimestre, Nikola aveva consegnato solo 147 camion a idrogeno ai clienti, ma Girsky, ex vicepresidente della General Motors e analista finanziario di lunga data, stima che quasi tutti quei buoni sconto per camion a idrogeno emessi andranno ai suoi clienti, la maggior parte dei quali prenderà in consegna durante tutto l’anno.

“Siamo il 99% di tutti in idrogeno. Ma soprattutto, il numero di buoni in sospeso per l’idrogeno supera quelli per le batterie”, ha detto. “Un voucher ti dà il diritto, ma non l’obbligo, di acquistare camion. È come una prenotazione. Ma il fatto è che c’è interesse per l’idrogeno e vogliamo essere lì per fornirlo”.

Questo perché la gamma utilizzabile real-world per i camion a idrogeno è almeno il doppio di quella dei modelli a batteria, incluso il Tre BEV di Nikola. “Se trasporti patatine in giro per la città, un camion a batteria va bene per te. Se vuoi trasportare casse di birra a lunga distanza, avrai bisogno di qualcosa di più.”

La grande sfida per Nikola è trovare il capitale per continuare ad espandere la produzione e costruire stazioni di carburante fino a quando i camion a idrogeno raggiungono la massa critica.

“Con più scala, con più volume, il costo del camion scenderà. E con più volume, il costo del carburante scenderà perché i carburanti non sono efficienti in questo momento”, ha detto Girsky. “Pià volume che li attraversa, più diventano efficienti. Non lo porta ancora dove deve essere, ma è importante avere una linea di vista su dove potrebbe essere.”

Dove potrebbe essere, lui e altri sostenitori dell’idrogeno sperano, è la parità di costi con i combustibili fossili, ma senza le emissioni di carbonio.

Hub dell’idrogeno

Se può farcela nei prossimi anni, Nikola potrebbe beneficiare di una spesa federale senza precedenti per aumentare la produzione e la distribuzione di idrogeno pulito negli Stati Uniti, derivanti dai fondi stanziati per esso nell’Inflation Reduction Act. Separato da ciò che sta già spendendo per gli sconti sui camion, la California ha ricevuto 1,2 miliardi di dollari per il suo progetto di hub idrogeno ARCHES H2 dal Dipartimento dell’Energia e ha una serie di progetti in lavorazione per utilizzare il carburante per decarbonizzare le industrie pesanti e per ottenere camion e autobus più puliti sulla strada.

Entro il 2030, i fondi federali aiuteranno il Golden State ad aumentare la produzione di idrogeno pulito – prodotto principalmente dividendo l’acqua con l’elettricità da fonti di energia rinnovabile – a 500 tonnellate al giorno e hanno almeno 60 stazioni di carburante a idrogeno pesanti in funzione per mantenere alimentati 5.000 camion a celle a combustibile e 1.000 autobus.

Da parte sua, Gillis di IMC è ragionevolmente soddisfatto della sua flotta di camion a idrogeno, che è più di sei volte più grande degli otto semi elettrici a batteria che opera vicino ai porti della California meridionale. A parte la gamma più breve che offrono, l’installazione di stazioni di ricarica heavy-duty che i camion hanno bisogno di batterie è una sfida, ha detto. Ma anche con una portata migliore e un rifornimento più veloce, l’idrogeno non è perfetto a questo punto.

“I camion a emissioni zero hanno alcune barriere, in particolare a causa dei pesi dei veicoli, che influisce su quanto puoi trasportare”, ha detto. “Ma penso che per la maggior parte del carico che stiamo eseguendo nel Southern California Speaker questa tecnologia funzioni”.


03/08/24 Milano Finanza: Come sta la nuova Tim? Segnali positivi da cloud e repricing, ma le difficoltà in borsa restano anche con i buy degli analisti

In che direzione andrà la nuova Tim, sia a Piazza Affari sia dal punto di vista del business? Una duplice domanda a cui il mercato, per il momento, non ha trovato risposte convincenti. 

Il titolo, complici anche tensioni macroeconomiche che hanno buttato giù le borse di tutto il mondo, è calato ancora nonostante dalla semestrale siano arrivati segnali positivi – ricavi +3,5% (+1,6% in Italia) e ebitda after lease +13% (+8,8% in Italia) – sul percorso che la nuova Tim guidata dal ceo Pietro Labriola vuole intraprendere. 

Pioggia di buy

A Piazza Affari il titolo ha chiuso la settimana dei conti a 0,217 euro (-5%), ancora più in basso del livello intorno a 0,23 euro a cui si è trovato per gran parte del tempo dal crollo di marzo, nonostante gli analisti lo ritengano un titolo su cui scommettere. 

Per fare qualche esempio: NewStreet (tp 0,34 euro, Buy) ritiene che Tim abbia una «valutazione interessante, specialmente perché la crescita autonoma di ServCo dovrebbe diventare più evidente», senza considerare possibili boost dalle partite straordinarie (Sparkle, Inwit, restituzione del canone concessorio e earn out del deal Netco). Jefferies ha mantenuto la raccomandazione Buy pur abbassando il target price da 0,38 a 0,28 euro. Mediobanca, che ha ripreso la copertura del titolo, ha fissato il tp a 0,35 euro con rating Outperform. Ma anche Intermonte, Imi ed Equita hanno Buy con tp fissati rispettivamente a 0,38 euro, 0,4 euro e 0,34 euro.

Occhi aperti sul debito

L’andamento a Piazza Affari testimonia come la diffidenza circondi ancora il gruppo. Per sbloccarsi servirà costanza nei risultati e nella crescita del gruppo liberatosi della rete. Uno dei punti che rimarrà sotto osservazione è il debito, sceso a 8,1 miliardi dopo la cessione di Netco e con la prospettiva di diminuire a 7,5 miliardi a fine anno, ossia una leva di circa 2 volte l’Ebitda atteso. 

Non a caso nella call con gli analisti il management ha mostrato nel dettaglio perché si attende una discesa da qui a fine anno, grazie ai 600 milioni di flusso di cassa netto positivo nel secondo semestre. In particolare, vanno evidenziati gli impatti positivi per 200 milioni dal capitale circolante netto proveniente dall’attività ordinaria, grazie anche alla stagionalità del business, e per circa 900 milioni dall’ebitda after lease-capex, grazie alla forte riduzione degli investimenti (circa 1,9 miliardi in un anno) necessari senza rete. 

Questione di continuità

Ma per riconquistare la fiducia degli investitori servirà di più, cioè dimostrare che gli ambiziosi target fissati nella guidance al 2026 – crescita del 3% annua dei ricavi, dell’8% dell’ebitda di gruppo e del 9-10% in Italia – sono raggiungibili. Servirà, quindi, convincere il mercato che la nuova Tim è sostenibile. Nella presentazione fatta agli analisti sono emersi dei primi dettagli incoraggianti per tutti e tre i rami del gruppo. 

Consumer è l’anima più fragile della nuova Tim. I ricavi sono rimasti stabili, seppur con una leggera contrazione nel secondo trimestre, grazie alla spinta del wholesale (+8,6%). Se dal lato consumer la discesa dei clienti è costante (con un churn rate costante tra l’1% e l’1,2% al trimestre nel fisso e tra l’1,5% e l’1,7% nel mobile), le buone notizie arrivano dalla politica di repricingL’arpu (ricavi medi per utente) lato fisso è salito da 29,2 a 30,4 euro tra il primo e il secondo trimestre, mentre il mobile è leggermente sceso da 10,6 a 10,5 euro. Nel complesso, però, sono stati applicati rincari a 9,6 milioni di linee che produrranno 91 milioni di ricavi aggiuntivi nel 2024. 

I motori Enterprise e Brasile

Enterprise rappresenta il secondo motore della nuova Tim, accanto al Brasile. Per Mediobanca «in tanti ancora faticano a comprendere la natura del business, con scarsa competizione e crescite del fatturato prevedibili». Un’ulteriore accelerazione è arrivata nel secondo trimestre: +7,3% i ricavi grazie al +8,4% di quelli da servizi. Centrale il cloud, che nel primo semestre 2024 ha portato incassi per un miliardo contro i 400 milioni dei primi sei mesi 2023, grazie al Polo Strategico Nazionale, che garantirà a Tim di essere il leader di mercato nella pubblica amministrazione. 

Solidi segnali di crescita anche per Tim Brasil, che rimane la cash cow del gruppo. Tanto che se Tim avesse già avuto l’attuale conformazione nel 2023, il Brasile avrebbe generato il 48% dell’ebitda al. E i primi sei mesi hanno confermato che il business sudamericano è ancora florido: l’ebitda al è salito del 17,8%, l’arpu mobile è aumentato del 6,8% e quello del fisso ha raggiunto livelli record (98,6 reais) con i clienti ftth aumentati del 14,7%.


12/07/24 Ma le batterie sono proprio tutte da buttare in discarica? Non e’ il caso di darci una occhiata piu’ approfondita?

prendo spunto dall’accordo fatto da QuantumScape con Volkswagen per riesaminare il settore delle batterie per le auto elettriche.

Quattro anni la corsa dei mercati a tutto quello che aveva attinenza con le auto elettriche porto’ alla quotazione di una serie di aziende che stavano sviluppando batterie innovative in grado – a sentir loro – di risolvere i due grossi problemi che frenano l’adozione dell’EV: il basso rapporto peso potenza (50 litri di benzina pesano circa 50 kg: le batterie in grado di fornire l’autonomia di quei 50 litri pesano molto di piu’) e i lunghi tempi di carica.

Nell’euforia del momento i prezzi raggiunsero picchi stratosferici – che ben difficilmente si rivedranno – ma adesso che dalle stelle sono precipitate nelle stalle…

MIE VALUTAZIONI (strettamente personali)

Le batterie al litio “tradizionali” sono diventate una commodity che la Cina produce ed esporta a prezzi schiacciati e che utilizza per invadere i mercati occidentali di auto elettriche a prezzi stracciati.

L’unica speranza per le aziende europee\americane (a parte Tesla che fa caso a se) per poter far fronte a questa offensiva è di puntare su prodotti innovativi che facciano la differenza.

Le batterie che queste società stanno sviluppando hanno queste caratteristiche.

Val la pena di puntarci? qui siamo tutti adulti e vaccinati e ognuno si dia la risposta che crede meglio adeguata a se stesso.

Certo che chi entra adesso e’ molto meglio posizionato di chi era entrato sui massimi….

QUANTUMSCAPE

Il 30% di rialzo a seguito dell’accordo con Volkswagen la ha portata a 7$ ai bei tempi aveva fatto un picco di 114$. Per le prospettive vedere l’articolo di Barron’s che ho tradotto sotto.

SOLID POWER

Solid Power, con sede in Colorado, sta lavorando per sviluppare -come dice il nome – batterie EV allo stato solido. Gli investitori dell’azienda includono le case automobilistiche Ford Motor Company e BMW. Ha anche una partnership di produzione con il produttore coreano di batterie SK Innovation, che fornisce batterie EV a diverse importanti case automobilistiche, tra cui Ford.

FREYR


Società norvegese che sta sviluppando una batteria allo stato “semisolido”. Hanno spostato la sede sociale negli USA per aver accesso agli incentivivi – miliardari – dell’amministrazione Biden ed hanno già comperato il terreno in Georgia per la maxifabbrica. da 2,5 Miliardi.

11/07/23 Barron’s: QuantumScape Stock balza al rialzo. Sta facendo progressi sulle batterie.

DaAl RootSegui

I

I leader di PowerCo e Volkswagen visitano i laboratori QuantumScape a San Jose, in California. 

Le Azioni di QuantumScape sono salite giovedì dopo l’ annuncio di un accordo con Volkswagen che potrebbe portare alla produzione su larga scala di batterie per veicoli elettrici a stato solido.

QuantumScape e la società di batterie di Volkswagen, PowerCo, hanno dichiarato di aver stipulato un accordo di licenza che consentirà a PowerCo di “industrializzare” o produrre in serie le batterie EV a stato solido di prossima generazione di QuantumScape.

“Con questa cooperazione, miriamo a portare le celle della batteria più sostenibili e all’avanguardia ai nostri clienti”, ha affermato Frank Blome, CEO di PowerCo. “Abbiamo collaborato e testato le celle prototipo QuantumScape per anni e non vediamo l’ora di portare questa tecnologia del futuro nella produzione in serie”.

Lo stato solido in questo caso significa che le batterie non hanno liquido che facilita il flusso della carica elettrica. Le batterie EV a stato solido promettono costi inferiori, più gamma per carica e una migliore sicurezza. Rappresentano una possibile panacea per alcune delle preoccupazioni che circondano l’adozione di veicoli elettrici, ma la tecnologia non è ancora pronta per i veicoli di produzione.

Le notizie Volkswagen sono un segno che ci sta arrivando, però. PowerCo prevede di costruire un impianto in grado di produrre 40 gigawattora di batterie all’anno. Questo è sufficiente per fare circa 500.000 veicoli elettrici.

L’analista di Baird Ben Kallo ha scritto giovedì che l’annuncio era importante per diversi motivi. In primo luogo, “fornisce un percorso per la commercializzazione, (2) fornisce pagamenti di royalty, (3) fornisce [un] punto di prova sul progresso della tecnologia”, ha detto l’analista. “È importante notare che QuantumScape sta lavorando con molti altri [produttori di auto] e ulteriori annunci potrebbero essere un catalizzatore” per lo stock.

Valuta le azioni QuantumScape a Hold e ha un obiettivo di prezzo di 8 dollari per le azioni, mentre la chiamata media tra i nove analisti che coprono la società è appena a nord di 6 dollari per azione. Solo una di quelle persone lo valuta a Buy, mentre il rapporto medio Buy-rating per le azioni dell’S&P 500 è di circa il 55%.

Entrando nel trading di giovedì, le azioni QuantumScape sono diminuite del 22% da inizio anno. Il rallentamento della crescita delle vendite di veicoli elettrici ha pesato sul sentimento degli investitori.

10/07/24 Sole 24 Ore: S&P alza il rating sul debito TIM


08/07/24 Corriere Economia: le prospettive di Tim



02/07/2024 Il Foglio: Telecom e adesso?

Se dite a Pietro Labriola che ora, venduta la rete fissa agli americani di Kkr e con una quota di partecipazione del ministero dell’economia, per mandare avanti la sua Tim bisognerà spingere a mille sui servizi digitali vi guarda un po’ con l’espressione di chi pensa“e grazie …” e un po’ con un lampo negli occhi. E’ chiaroch el’ azienda ha avviato il riposizionamento, per spremere il competitivo settore dei servizi ad aziende e famiglie e vedremo presto una crescita di nuove idee e di nuove proposte per trasformare il mercato. Con un punto di forza nel mantenimento di un predominio sulla rete mobile, sul cloud, sulla capacità di gestione dei dati, con i data center più potenti in questo momento in Italia, che sono gli assi su cui si fanno soldi.
Ai quali va aggiuntala grande partita del 5 G, che già da solava le anche più, in termini prospettici, di ciò che ora si ricava dalla gestione della rete fissa. Il taglio sostanziale del debito per Tim è un passaggio storico, che segna una nuova fase e che permette di programmare investimenti sui settori in cui ora si concentrerà e, come detto, di mantenere una posizione di predominio in mercati anche più ricchi e attraenti di quello del traffico dati su rete fissa. Debito che ha pesato anche sulla fatica nella gestione e nello sviluppo della stessa rete. Ora in Tim vedono un futuro di sviluppo in servizi ad alto valore aggiunto anche grazie al miglioramento dell’efficienza e della capacità della rete portato proprio dai nuovi soci, il cui interesse è nello sviluppo della loro infrastruttura. “Tutto il cartaceo delle aziende e delle amministrazioni dovrà essere portato in rete”, ha detto Labriola al Tg5, facendo immaginare gli sviluppi enormi della digitalizzazione e dell’affidamento dei dati a gestori in grado di garantirne la sicurezza e la possibilità di consultazione intelligente. Mentre, tornando ai nuovi equilibri determinati dalla cessione della rete, c’è da aggiungere che la visione di lungo termine portata da un grande fondo, con dotazione finanziaria impressionante, è più coerente con i piani di crescita infrastrutturali rispetto a ciò che potrebbe fare e che ha potuto fare un’azienda con, come dire, i piedi in due scarpe e, in più, una zavorra finanziaria ereditata dal passato. C’è anche un piccolo miracolo politico, con la sparizione delle posizioni sovraniste, in base alle quali la vendita a un fondo americano sarebbe stata da osteggiare senza ritegno. E invece, per fortuna della Tim, tutta quella massa un po’ confusa di opposizioni ideologiche e politiche agli investimenti stranieri è sparita nelle retrovie della maggioranza e non ha avuto peso in questa complessa operazione. La parola ora passa ai clienti e agli investitori. I primi avranno tempo per valutare la qualità della nuova offerta di servizi, anche se si può immaginare una campagna serrata su tutti i nuovi prodotti, rafforzata anche dalla spinta che L’IA può dare quando la massa di dati è resa disponibile. Per capirci, IA più data center (e buon cloud) formano la squadra vincente. Gli investitori, i mercati, per prima cosa guarderanno al nuovo assetto finanziario di Tim, alla situazione del debito residuo e alle condizioni della sua gestibilità in base ai flussi di cassa attesi dalla nuova politica aziendale sui servizi a forte valore aggiunto. Il loro giudizio è libero e anche imperscrutabile, ma potrebbe esserci una differenza nella valutazione che faranno a caldo e in quella che faranno tra qualche tempo, quando i progetti di Labriola saranno stati messi alla prova dal mercato.



29/06/24 Sole 24 Ore: Telecom ultimo atto



22/06/24 Forbes: Perché il piano di ritorno di PayPal potrebbe richiedere anni, sempre che funzioni

Con le sue azioni in calo dell’80% rispetto al massimo della pandemia e la sua quota di pagamenti online in calo, il pioniere del fintech e il nuovo CEO Alex Chriss hanno bisogno di una vittoria.

Gli ultimi tre anni sono stati difficili per PayPal, una delle più antiche e grandi società fintech della Silicon Valley, un business storico che conta Elon MuskMax LevchinPeter Thiel e Reid Hoffman tra i suoi fondatori e primi dipendenti. Le sue azioni sono scese dell’80% dal valore di mercato più alto di tutti i tempi di 360 miliardi di dollari raggiunto nel luglio 2021; la quota di vendite di e-commerce in tutto il mondo che fluiscono attraverso il suo pulsante PayPal brandizzato si è erosa; E alcuni dei recenti tentativi dell’azienda di ringiovanire la sua linea di prodotti hanno ottenuto poco rispetto da parte degli analisti.

Alex Chriss, CEO di PayPal
Il CEO di PayPal Alex Chriss.PAYPAL

Alla fine di gennaio, PayPal ha tenuto una conferenza “Innovation Day” che il nuovo CEO Alex Chriss aveva promesso avrebbe “scioccato il mondo”. Un rapporto di ricerca di FT Partners ha catturato la reazione degli investitori, soprannominando l’evento “Innovationless Day” e scrivendo che gli annunci erano “in gran parte composti da metodi pubblicitari non ispirati / riciclati che vanno dall’inserimento di annunci nelle ricevute di PayPal e nel feed social di Venmo alla riorganizzazione delle offerte di cashback in-app di PayPal”.

I sorrisi e gli sbadigli di Wall Street sono stati probabilmente un duro controllo della realtà per il 46enne Chriss, che è diventato CEO di PayPal solo lo scorso autunno dopo 19 anni in Intuit, dove era vicepresidente esecutivo e supervisionava il suo business QuickBooks. È stato ingaggiato per aiutare l’azienda di 26 anni con sede a San Jose a ritrovare il suo slancio, ma sembra che non sarà facile. PayPal ha rifiutato di rendere Chriss disponibile a Forbes per un’intervista, anche se il suo predecessore Dan Schulman ha parlato con noi.

Quasi un decennio dopo il suo spin-off da eBay (che ha acquisito la startup di pagamenti nel 2002), PayPal ha ancora un franchising redditizio, con oltre $ 4 miliardi di reddito netto nel 2023. La sua rete finanziaria digitale di 220 milioni di clienti attivi mensili è una delle più grandi al mondo, dietro a colossi come Apple Pay e la cinese Alipay.

Mentre PayPal ha fatto dozzine di acquisizioni ed è entrato in quasi altrettante nuove linee di business, oltre il 60% dei suoi $ 14 miliardi di profitti lordi proviene ancora dal pulsante PayPal, secondo Autonomous Research. Questa è l’icona su cui le persone fanno clic per pagare qualsiasi cosa, dai tchotchke su eBay o Etsy ai pannolini di Target. Molti utenti lo vedono ancora come un modo più sicuro per effettuare transazioni invece di fidarsi di un sito Web o di una persona sconosciuta. Ma la crescita delle transazioni per il pulsante di marca di PayPal sta rallentando: l’anno scorso è cresciuta solo del 7% in termini di dollari, rispetto a circa il 9% per l’e-commerce in generale.

Dall’esterno, quel pulsante sembra in gran parte lo stesso di anni fa. “Il core business è ancora il contante dell’Internet: i pagamenti 1.0”, afferma Craig Maurer, amministratore delegato di FT Partners. Parte del problema sembra essere che PayPal ha lottato a lungo per modernizzare e integrare parti disgiunte della sua tecnologia di pagamento. Nel frattempo, i vantaggi di rischio e prevenzione delle frodi che hanno sostenuto PayPal per così tanto tempo hanno cessato di essere i vantaggi competitivi che erano una volta, con prodotti come Apple Pay e Shop Pay di Shopify che prendono una quota crescente del mercato.

Ora Chriss, che ha ricevuto un pacchetto retributivo di $ 42 milioni da PayPal nel 2023 (parte del quale è subordinato alle prestazioni future dell’azienda), sta appendendo il cappello a nuove strategie, tra cui un prodotto “Fastlane” per accelerare il checkout degli ospiti. Ma alcuni analisti sono scettici sull’impatto che avrà sui profitti e pensano che il piano impiegherà molto più tempo per fare la differenza di quanto gli investitori si rendano conto.

BPrima che Alex Chriss subentrasse a PayPal, l’ex dirigente di American Express Dan Schulman lo gestiva per nove anni, quasi quadruplicando le entrate annuali di PayPal a $ 30 miliardi e aumentando gli utili per azione da meno di $ 1,00 a $ 3,85, secondo FactSet. Eppure oggi, in retrospettiva, alcuni analisti di Wall Street accusano Schulman di andare in troppe direzioni.

Indicano acquisizioni che non sembrano dare i loro frutti, come iZettle, una società svedese che produce dispositivi di pagamento per punti vendita, per i quali PayPal ha pagato $ 2,2 miliardi nel 2018, e Hyperwallet, acquistato per $ 400 milioni lo stesso anno, che produce tecnologia di pagamento per piattaforme di e-commerce. Honey, una piattaforma che aiuta i visitatori del sito Web a trovare automaticamente codici coupon e offerte di cashback, è costata a PayPal $ 4 miliardi nel 2020.

Dan Schulman ex CEO di PayPal
Dan Schulman è stato CEO di PayPal dal 2014 alla fine del 2023.CHRISTIE HEMM KLOK PER FORBES

Schulman, 66 anni, che possiede circa 40 milioni di dollari di azioni PayPal, ha detto a Forbes che alcune acquisizioni hanno funzionato “straordinariamente bene”, pur riconoscendo che altre hanno fatto peggio del previsto. Aggiunge che le acquisizioni a volte richiedono più tempo per creare valore, osservando che Honey è la base per un nuovo prodotto tecnologico pubblicitario che PayPal ha recentemente annunciato.

Alla domanda se si sia assunto troppe priorità diverse, Schulman risponde: “Ogni anno, guardavamo a ciò che stavamo cercando di guidare e cercavamo di fare meno cose, piuttosto che più cose. Non è sempre facile da fare”. E aggiunge: “Alex Chriss sta facendo un lavoro eccezionale entrando in azienda. Uno dei motivi principali per cui me ne sono andato è che ero lì da quasi un decennio. Vuoi che arrivi qualcuno che pensi alle cose in modo diverso, che pensi con coraggio, che veda dove puoi sfruttare ciò che è già stato fatto”.

Venmo è un altro argomento attivamente dibattuto nella storia di PayPal. Nel 2013, due anni prima che PayPal si staccasse da eBay e un anno prima che Schulman assumesse la carica di CEO di PayPal, eBay ha acquistato il processore di pagamento white-label Braintree e l’app di pagamento peer-to-peer di proprietà di Braintree, Venmo, per $ 800 milioni. Nel 2023, Venmo ha effettuato transazioni per 270 miliardi di dollari, secondo Autonomous, ma le entrate che produce e i suoi margini sono anemici rispetto all’attività principale di PayPal.

Ciò è in parte dovuto al fatto che monetizzazione significa cercare di convincere i clienti a utilizzare la carta di credito di Venmo e a utilizzare l’app come una neobanca, per gli acquisti in uscita (al contrario dei soli trasferimenti all’interno del sistema Venmo), due categorie in cui la concorrenza è già forte. Nel frattempo, PayPal ha avuto problemi a integrare Venmo con la piattaforma PayPal principale per creare sinergia.

Alla sua ultima conferenza con gli investitori nel giugno 2023, la risposta di Schulman a una domanda di Craig Maurer di FT Partners ha fatto luce sulle continue sfide di PayPal per integrare la sua infrastruttura di pagamento frammentata. Schulman ha detto che era un problema su cui aveva lavorato da quando è arrivato a PayPal nel 2014. PayPal da solo aveva quattro diversi stack di pagamento, mentre Venmo e Braintree avevano ciascuno i propri binari di pagamento separati. “L’obiettivo, a partire da otto anni fa, era quello di riunire tutti questi elementi in un’unica piattaforma di pagamento moderna”, ha affermato Schulman. “È come un intervento chirurgico a cuore aperto su di noi mentre corriamo una maratona, perché è il nostro stack di elaborazione dei pagamenti. Non può andare giù nemmeno per un secondo”.

I sistemi eterogenei rendevano difficile scalare in modo efficiente e costringevano un numero “enorme” di ingegneri a concentrarsi solo sulla riparazione delle cose, ha detto Schulman. “È stato un lavoro lungo e difficile, onestamente, ma abbiamo finito”, ha aggiunto, osservando che PayPal, Venmo e Braintree erano finalmente sugli stessi binari di pagamento e la società potrebbe “iniziare a fare un sacco di cose che non potevamo fare con quell’infrastruttura legacy che avevamo in atto prima, comprese cose come l’interoperabilità tra Venmo [e] PayPal”.

In sostanza, PayPal ha impiegato otto anni per integrare due dei propri sistemi e, in tutto questo tempo, l’azienda non poteva realizzarlo con la propria tecnologia interna: avevano ancora bisogno dell’aiuto di un prodotto Visa chiamato Visa + per integrare l’integrazione. “È stata un’ammissione sbalorditiva”, dice Maurer. Schulman ribatte oggi: “È stata una migrazione molto complessa e molto dettagliata che doveva essere implementata e sottoposta a stress test con ogni pezzo dell’architettura… Senza tutto quel duro lavoro che doveva andare alla perfezione, non c’è modo che PayPal possa ora innovare in cima a uno stack tecnologico moderno. “

PayPal ha smesso di riportare le entrate di Venmo dopo il 2021, quando era di circa $ 900 milioni, probabilmente un segno che la crescita languiva. Oltre a Venmo, le sfide di integrazione possono anche aiutare a spiegare perché PayPal ha avuto problemi a massimizzare i rendimenti da più delle sue acquisizioni.

Con Braintree, la tecnologia di PayPal che aiuta le aziende ad accettare pagamenti online, che compete con fintech come Stripe e Adyen, ha costruito un business in rapida crescita. L’unità totale di elaborazione dei pagamenti senza marchio di PayPal, la maggior parte della quale è guidata da Braintree, ha effettuato transazioni per 534 miliardi di dollari nel 2023 (rispetto a 1 trilione di dollari per Stripe), rispetto ai 299 miliardi di dollari del 2021.

Il problema? PayPal ci è arrivata in parte perseguendo una strategia rischiosa di sottoquotazione dei concorrenti sul prezzo; raccoglie solo circa lo 0,20% del valore di ogni transazione, rispetto all’1,5% al 2% per le transazioni a marchio PayPal, dicono gli analisti. Darrin Peller, amministratore delegato di Wolfe Research, afferma che PayPal è diventato meno aggressivo sui prezzi sotto Alex Chriss e che gli investitori oggi sono in gran parte concentrati sulla redditività, che non è il punto di forza di Braintree.

Ken Suchoski, analista di Autonomous Research, sostiene che Schulman non ha innovato abbastanza sul pulsante di pagamento di marca di PayPal durante il suo mandato. Schulman, ovviamente, non è assolutamente d’accordo. Dice che durante il suo periodo come CEO, PayPal ha apportato grandi miglioramenti in aree come la velocità, il numero di clic per effettuare una transazione, le funzionalità offerte e la prevenzione delle frodi. Osserva che PayPal aveva uno “stack tecnologico antiquato” quando ha assunto il controllo e ha supervisionato una revisione del suo codice che gli ha permesso di passare da duecento aggiornamenti software all’anno a decine di migliaia di aggiornamenti annuali.

La quota di PayPal nel mercato globale dell’e-commerce da $ 6 trilioni è scesa da un picco dell’8% nel 2021 al 7% nel 2023, secondo Suchoski. Apple Pay, che è probabilmente il metodo di pagamento più veloce e semplice da utilizzare oggi in America grazie alla sua integrazione con l’iPhone, è passato da una quota dello 0,5% al 3% in soli cinque anni. Shop Pay, l’app di pagamento di Shopify che è anche ben integrata con il suo ecosistema di e-commerce, ha raggiunto una quota dell’1% nello stesso periodo, afferma Suchoski.

Durante le chiamate e le interviste sugli utili, Alex Chriss ha definito il 2024 “un anno di transizione”. Ha detto ad aprile: “Abbiamo un piano che riporterà questa azienda dove deve essere”, e gli analisti di Wall Street gli stanno dando credito per essere più concentrato di Schulman.

Uno dei principi fondamentali del piano di Chriss è Fastlane, un nuovo prodotto che ha iniziato lo sviluppo sotto Schulman e mira a rendere più veloce il checkout degli ospiti, ovvero il checkout in un sito in cui un acquirente non è registrato. Consente ai clienti che non utilizzano il pulsante PayPal di salvare i dati di spedizione e della carta di credito in modo che quando tornano per acquisti futuri, devono solo inserire la loro e-mail e un codice di verifica inviato al loro cellulare.

Chriss ha affermato che il 60% delle transazioni di e-commerce sono checkout degli ospiti e quasi il 50% di questi vengono in genere abbandonati. Ma PayPal ha visto un 80% molto più alto di coloro che iniziano un checkout ospite continuare a un acquisto nei primi casi di clienti che utilizzano Fastlane.

Queste statistiche sembrano promettenti, soprattutto perché il mercato totale indirizzabile per le transazioni di check-out degli ospiti è nell’ordine dei trilioni. Ma poiché si tratta di un prodotto PayPal senza marchio, c’è una grande domanda su quanto Chriss sarà in grado di addebitare ai commercianti per la funzione e quanto profitto porterà davvero. “Potremmo diventare molto aggressivi sul lato dei prezzi quando si tratta di Fastlane per il 2024, perché vogliamo guidare l’adozione”, ha detto Chriss ad aprile. Poi ha dato una vaga assicurazione sulla redditività: “State tranquilli, nel tempo daremo un prezzo al valore per assicurarci di ottenere il giusto valore da questo”.

Inizialmente, gli analisti prevedono che PayPal addebiterà ai grandi clienti prezzi simili a quelli addebitati per Braintree, circa lo 0,20%. Quindi ha bisogno che le piccole imprese firmino, perché può addebitare loro tariffe molto più elevate per transazione. Se a questa sfida si aggiunge il fatto che questa funzione non è ancora ampiamente disponibile, oltre a uno spostamento strutturale del settore verso i commercianti più grandi, gli analisti di Autonomous e FT Partners pensano che ci vorranno anni prima che Fastlane possa fare una differenza significativa. “Se le aspettative sono che Fastlane avrà un impatto materiale sulle festività natalizie del 2024, penso che potrebbe essere troppo aggressivo… Bisognerà aspettare la seconda metà del 2025 prima di sapere davvero se Fastlane sta prendendo slancio”, afferma Maurer.

Altri sono più ottimisti. Mizuho ha recentemente aggiornato le azioni di PayPal da un rating neutrale a un buy, con l’analista senior Dan Dolev che stima che PayPal alla fine sarà in grado di addebitare lo 0,70% di ogni transazione per Fastlane e che il prodotto aggiungerà $ 1 a $ 1,5 miliardi ai suoi $ 14 miliardi annuali di profitti lordi nei prossimi 18 mesi circa.

Dolev afferma inoltre che le perdite di quote di mercato del pulsante PayPal si sono stabilizzate sulla base della ricerca di Mizuho sul traffico web per i migliori rivenditori. Trova conforto in questa tendenza. “Non vuoi che diventi un cubetto di ghiaccio che si scioglie nel forno. In questo momento, le prove suggeriscono che è come un cubetto di ghiaccio che si scioglie nel frigorifero. Puoi conviverci”, dice. In un recente rapporto di ricerca, ha anche commentato questo apparente livellamento, dicendo: “Questo potrebbe significare che il peggio della perdita di azioni per Apple Pay e altri è nel passato e probabilmente si riflette già nel titolo”.

Analisti più rialzisti come Dolev stimano che PayPal aumenterà il suo profitto lordo dal 6% al 7% nel 2025 e nel 2026, mentre persone come Ken Suchoski – che è l’unico analista con un rating underperform sul titolo, su circa 45 analisti totali che coprono PayPal, secondo Bloomberg – si aspettano che l’utile lordo cresca più lentamente. dal 3% al 4% nei prossimi due anni e mezzo. (Venti di questi analisti hanno valutazioni più neutrali su PayPal come “neutrale”, “hold” e “market perform”). Potrebbe essere incoraggiante che solo un analista si aspetti che il titolo sottoperformi, se non fosse sceso così tanto: è sceso circa il doppio del titolo fintech pubblico medio negli ultimi 12 mesi.

Suchoski pensa che gli investitori dei pagamenti possano fare meglio acquistando azioni come Fiserv e FIS, che, dice, sono scambiate a multipli di valutazione simili a PayPal, non stanno affrontando le stesse pressioni competitive e stanno aumentando i ricavi fino all’8% all’anno. “Fondamentalmente puoi acquistare un’azienda allo stesso prezzo di PayPal, ma stanno offrendo una crescita top-line e non hai il rischio di esecuzione di cercare di trasformare questa cosa come fai con PayPal.”

Dall’inizio di quest’anno, Alex Chriss sembra essere già diventato più conservatore: non sta più dicendo alle persone che PayPal li scioccherà. “Ha cercato di abbassare l’asticella e poi di alzarla lentamente ma inesorabilmente”, dice Darrin Peller di Wolfe Research. “È un modo migliore per approcciarsi al titolo”.


17/06/24 Barron’s: Polestar strappa al rialzo. Il produttore di veicoli elettrici sta vendendo auto utilizzando un vecchio modello.

DaAl RootSegui

Polestar è efficacemente controllata dalla casa automobilistica cinese Geely, che controlla anche Volvo. 

La start-up di auto elettriche  Polestar Automotive ha un nuovo modo di vendere le sue auto. E agli investitori piace.

Lunedì, Polestar ha detto sta avviando un modello di vendita “non genuino” in tutta Europa.

La casa automobilistica prevede di entrare in Francia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria, Polonia, Thailandia e Brasile nel 2025.

Il modello consente all’acquirente dell’auto e al concessionario di contrattare sul prezzo, che molti americani conoscono. Con un modello “genuino”, il produttore in genere stabilisce un prezzo e qualsiasi margine di profitto del rivenditore è fisso.

Molte start-up EV vendono direttamente agli acquirenti senza negoziare il prezzo. Gli acquirenti di Polestar possono ancora configurare un’auto sul sito web dell’azienda, nei mercati in cui sono disponibili veicoli Polestar.

“L’espansione delle nostre operazioni di vendita al dettaglio con partner nuovi ed esistenti ci consentirà di raggiungere più clienti”, ha affermato il CEO Thomas Ingenlath in una dichiarazione. “Attraverso queste partnership ed espansione, capitalizzeremo il nostro forte marchio e la nostra gamma di modelli in crescita”.

Più partner di distribuzione si traducono in più vendite di auto, uno dei motivi per cui gli investitori sono soddisfatti. le azioni sono in aumentate del 16% a 85 Il titolo è ancora in calo mostruoso dal prezzo di quotazione (tramite SPAC) di 10$ Il rallentamento della crescita delle vendite di veicoli elettrici, la riduzione dei prezzi dei veicoli elettrici e una maggiore concorrenza dei veicoli elettrici hanno pesato sul sentimento degli investitori.


30/05/24 Dalle stalle alle stelle! Tim, via libera senza condizioni dell’Ue alla vendita della rete a Kkr. Il titolo risale dopo il crollo e chiude in rialzo

Da Milano Finanza: Nessuna condizione da parte dell’Unione Europea alla vendita della rete Tim a Kkr. Nel pomeriggio del 30 maggio è arrivato il via libera ufficiale da parte della DgComp della Commissione Ue al deal, che porterà Netco nelle mani del fondo americano.  

L’indagine si chiude quindi in fase 1 e libera il campo al closing dell’operazione a lungo osteggiata dal primo azionista di Tim, i francesi di Vivendi. Il gruppo guidato dal ceo Pietro Labrioladovrebbe chiudere la cessione della rete tra giugno e luglio come da tempistiche indicate. Il titolo si è impennato dopo l’annuncio, risalendo vicino alla parità dopo aver perso anche il 9% in giornata. 

La Commissione, si legge nel comunicato, ha indagato sull’impatto della transazione sul mercato dei servizi di accesso alla banda larga all’ingrosso in Italia. La conclusione è che il deal non ridurrà significativamente il livello di concorrenza in Italia.  

Entrando più nel dettaglio, per la DgComp Kkr non avrà la capacità di limitare l’accesso ai servizi passivi (cioè alle infrastrutture). Con la presenza di Open Fiber e degli altri concorrenti, inoltre, non cambierà il numero di reti e di fornitori wholesale presenti sul mercato, così come non si modificherà l’influenza che Netco (che andrà sostituirsi a Tim e Fibercop) avrà sul mercato stesso. 

Gli accordi vigenti con gli altri olo, come Fastweb e Iliad, stipulati dopo la creazione di Fibercop nel 2021, per la Commissione «assicurano che Kkr non sarà in grado di deteriorare le condizioni per l’accesso wholesale». Infine la Commissione specifica che il master service agreement, ossia l’accordo trovato tra Tim e Kkr sul loro rapporto successivamente al closing, non è parte integrante della transazione ma che rimane comunque soggetto a revisione in base alle norme antitrust italiane o europee. Quest’ultima partita, insomma, si giocherà su altri tavoli. (riproduzione riservata)


30/05/24 Milano Finanza:Telecom Italia perde fino al 9% a Piazza Affari dopo la pubblicazione dei conti. Ecco perché

Le azioni di Telecom Italia ( Tim) viaggiano sotto stress giovedì 30 maggio, cedono fino al 9% (-6,65% a 0,229 alle ore 11:20) dopo la pubblicazione della trimestrale nelle ore precedenti. Per quale ragione il mercato sta vendendo in maniera così netta l’incumbent italiano mentre il gruppo sta lavorando per cedere la rete al fondo Usa KKR? Tre pariono le ragioni, mettendo a confronto gli analisti 

Tim scende: 1. calo di abbonati sul mercato domestico

Secondo gli analisti di Bloomberg, l’andamento del titolo è un «segno delle preoccupazioni degli investitori per le sfide persistenti sul mercato italiano. Le perdite arrivano in un momento in cui per l’azienda si avvicina la vendita della rete al fondo d’investimento KKR, una mossa strategica che potrebbe ridefinire il futuro dell’operatore di telecomunicazioni, trasformandolo in un fornitore di servizi al pari dei suoi competitor». 

I risultati finanziari di Tim, mette in evidenza Bloomberg, hanno evidenziato una «perdita di abbonati mobili e a banda larga, tendenza che preoccupa e mette in luce le difficoltà sul mercato domestico. Tuttavia, l’aumento dei prezzi ha permesso una crescita dell’11% dell’ebitda nel settore dei servizi rivolti ai clienti. Al 31 dicembre 2023, il debito netto rettificato del gruppo è aumentato di un miliardo di euro, sottolineando ulteriormente le sfide finanziarie che Tim deve affrontare».

Analisti a confronto su margini (2) e debito (3) di Tim

Ottavio Adorisio di Bernstein ha osservato che i risultati del settore rivolto ai clienti sono in linea con le previsioni per il 2024, mostrando una crescita tangibile dell’ebitda. Tuttavia, lo specialista sottolinea il cash flow negativo e la necessità di esaminare attentamente la diminuzione dell’ebitda della rete fissa, dato che il settore rivolto ai clienti rimarrà il maggiore cliente della rete stessa. Adorisio mette in guardia contro lo squilibrio di profitto tra le due divisioni, ritenendo che non sarà sostenibile nel lungo termine. Le tendenze operative continuano a essere «sfidanti, con ulteriori perdite nella linea fissa e una crescita negativa nella banda larga».

James Ratzer di New Street Research è più ottimista ed evidenzia che Tim ha registrato per la prima volta in sette anni una crescita positiva dei ricavi da servizi su base annua, supportata sia dai servizi mobili che fissi. Ratzer indica diversi potenziali catalizzatori per il settore rivolto ai clienti, tra cui una possibile riduzione delle tasse sulle licenze legacy, la potenziale vendita di Sparkle e ulteriori riduzioni del debito lordo. 

Andrew Lee di Goldman Sachs osserva che la forte crescita in Brasile ha compensato in gran parte la performance più debole nel mercato domestico italiano. Lee riconosce che l’ebitda domestico è aumentato a un ritmo solido grazie agli incrementi dei prezzi e ai controlli sui costi.

Mentre Telecom Italia si prepara alla vendita della rete a KKR, la società deve affrontare la sfida della concorrenza sul mercato domestico. Sebbene l’aumento dei prezzi abbia contribuito a migliorare l’ebitda, la perdita di abbonati e l’aumento del debito netto indicano che la strada verso una stabilità finanziaria duratura potrebbe essere ancora lunga. Gli investitori e gli analisti rimangono divisi sulle prospettive future del gruppo, con alcuni che vedono potenziali opportunità di crescita e altri che rimangono cauti sulle difficoltà operative in Italia. 

Il consenso di Bloomberg vede ricavi a 3,93 miliardi di euro, contro una stima di 3,96 miliardi di euro. Gli analisti di Equita confermano il rating buy sul titolo ordinario con un target price a 0,37 euro per azione. (riproduzione riservata)


13/05/24 Briefing.com: Intel che sia la volta buona?

Le ambizioni di foundry di Intel ricevono una spinta grazie all’annuncio della partnership con Apollo Global Management (INTC)

Intel (INTC), con le azioni in calo di circa il 40% da inizio anno, ha un disperato bisogno di buone notizie, soprattutto dopo il Dipartimento del Commercio americano gli ha revocato alcune licenze di esportazione in Cina e dopo che il produttore di chip ha abbassato la sua già morbida previsione di utili del secondo trimestre la scorsa settimana. Questa mattina, un raggio di luce solare ha attraversato le nuvole per INTC quando il Wall Street Journal ha riferito che Apollo Global Management (APO) si sta avvicinando a un accordo con INTC per fornire 11 miliardi di dollari di capitale per aiutare a costruire un nuovo impianto di produzione in Irlanda.

  • La nuova partnership rappresenterebbe un importante voto di fiducia da parte di APO nell’iniziativa di trasformazione “IDM 2.0” di INTC, che è la strategia dell’azienda di riprenderdi la leadership tecnologica, passando anche a un modello di fonderia. Arriva anche in un momento in cui la fiducia degli investitori in questo piano di trasformazione sta affondando mentre NVIDIA (NVDA) e Advanced Micro Devices (AMD) continuano ad ampliare i loro vantaggi contro INTC nella corsa all’IA.
  • Nel mercato dei data center , dove le aziende stanno investendo miliardi per costruire l’infrastruttura di intelligenza artificiale, AMD ha generato entrate record del primo trimestre di 2,3 miliardi di dollari, in aumento dell’80% all’anno. Al contrario, il segmento Data Center and AI (DCAI) di INTC ha visto crescere le entrate di appena il 5% all’anno a 3,0 miliardi di dollari, riportando sotto i riflettori le perdite di quota di mercato.
  • Le difficoltà di INTC rendono ancora più difficile finanziare la costruzione di nuove fab in Arizona, Ohio, New Mexico e Irlanda che costeranno almeno 100 miliardi di dollari. Su questa nota, il flusso di cassa di INTC dalle operazioni nell’anno fiscale 23 è diminuito del 26% all’anno a 11,5 miliardi di dollari, mettendo a dura prova la sua capacità di finanziare i suoi massicci piani di capex, aumentando al contempo la sua dipendenza da investitori esterni per aiutare a colmare il divario.
  • Parte di quell’aiuto sta arrivando sotto forma di prestiti governativi. Il 20 marzo, la Casa Bianca ha annunciato di aver assegnato all’INTC fino a 8,5 miliardi di dollari in finanziamenti CHIPS Act mentre il governo degli Stati Uniti cerca di ridurre la dipendenza del paese dai chip prodotti a Taiwan.
  • Da parte di INTC, la società ha affermato che mira a diventare la seconda più grande fonderia di wafer al mondo entro il 2030, dietro solo a Taiwan Semiconductor Manufacturing (TSM). È un obiettivo ambizioso e finora, il percorso per raggiungere quell’obiettivo è stato molto accidentato. Nel rapporto sugli utili del primo trimestre della società, ha rivelato che le entrate nella sua attività di fonderia sono diminuite del 10% a 4,4 miliardi di dollari, mentre la perdita operativa è peggiorata a 2,5 miliardi di dollari da 1,3 dollari) miliardi nel quarto trimestre.
  • Un lato positivo è che INTC ha aggiunto un altro cliente per la sua tecnologia di produzione chiamata 18A, portando il numero totale di clienti a sei. Uno di quei clienti è Microsoft (MSFT), quindi c’è qualche motivo di ottimismo lì.

L’assunzione principale è che garantire una partnership con un’azienda con tasche profonde come APO è un passo fondamentale nella missione di INTC di diventare una potenza di fonderia, ma ci saranno più vette e valli lungo la strada in questo monumentale tentativo di trasformazione e inversione di tendenza.


09/05/24 BEYOND MEAT mi sa che non ce la fa,,,

Barron’s: La società dovrebbe bruciare 100 milioni di liquidità nel 2024, ha detto un analista, il che la lascerebbe con 90 milioni di dollari alla fine dell’anno.

DaEvie Liu

Beyond Meat sta scommettendo che una nuova serie di prodotti più sani potrebbe aiutare a trasformare la sua immagin

Le azioni di Beyond Meat sono crollate del 14% giovedì mentre continuavano a vedere il declino delle entrate e le perdite si approfondivano nel primo trimestre. Ma un problema ancora più grande, l’azienda di carne a base vegetale è a corto di denaro e deve raccogliere presto più soldi.

Nel primo trimestre del 2024, le entrate di Beyond Meat sono diminuite del 18% da un anno fa a 75,6 milioni di dollari, poiché i volumi di vendita più bassi sia nei mercati statunitensi che in quelli internazionali hanno pesato sui risultati. Anche il prezzo per libbra è sceso rispetto allo scorso anno poiché l’azienda offre più sconti per attirare i consumatori.

Non solo le vendite stanno scivolando, la società con sede a El Segundo, in California, non ha mai fatto un profitto. Beyond Meat ha perso 54,4 milioni di dollari nel primo trimestre. Anche se questo è inferiore alla perdita di 59 milioni di dollari nello stesso trimestre dello scorso anno, per ogni dollaro di vendite, l’azienda sta perdendo 72 centesimi, più della perdita di 64 centesimi un anno fa.

La carne a base vegetale ha faticato a entrare nel mainstream. Nonostante l’eccitazione iniziale per una dieta senza carne, il sentimento si è presto trasformato quando i consumatori hanno iniziato a dubitare dei benefici per la salute dei prodotti.

Anche se gli hamburger senza carne sono una buona fonte di proteine, vitamine e minerali, sono pesantemente trasformati e ricchi di grassi saturi poiché i prodotti mirano a imitare la consistenza succosa e il gusto carnoso della carne bovina. Contengono anche molto più sodio di un hamburger di carne.

Non aiuta il fatto che la carne a base vegetale sia più costosa delle fonti proteiche tradizionali come manzo e pollo. Mentre l’inflazione pizzica i portafogli dei consumatori, le persone sono riluttanti a provare i prodotti alternativi più costosi.

Beyond Meat stock ha lottato dal 2019, pochi mesi dopo la sua offerta pubblica iniziale. Il suo prezzo delle azioni è sceso da quasi 235 dollari al suo picco a luglio 2019 a soli 7 dollari a partire da giovedì, circa un terzo del prezzo dell’IPO.

L’azienda sta scommettendo che una nuova serie di prodotti più sani potrebbe trasformare la sua immagine. All’inizio di quest’anno, ha lanciato la quarta generazione di Beyond Beef and Beyond Burger a base di olio di avocado, che ha contribuito a ridurre i grassi saturi nei prodotti dal 60% a 2 g a porzione. I nuovi prodotti hanno anche il 20% in meno di sodio rispetto a prima, secondo l’azienda.

Con questi miglioramenti, i nuovi prodotti hanno ottenuto il sostegno di organizzazioni sanitarie tra cui l’American Diabetes Association e l’American Heart Association. L’analista di BTIG Peter Saleh si aspetta che Beyond Meat inizi a usare gli emblemi di queste istituzioni sulla sua confezione ed è “cautamente ottimista” sul fatto che il marketing potrebbe aiutare a cambiare le percezioni dei consumatori nel tempo.

C’è solo un problema: i nuovi prodotti sono ancora più costosi di prima. Hanno raggiunto gli scaffali dei negozi di alimentari a livello nazionale il mese scorso, ma resta da vedere come reagiscono i consumatori.

Una sfida più immediata per l’azienda che perde denaro è il flusso di cassa. Beyond Meat ha tagliato i costi per preservare il denaro, incluso un taglio del 19% alla sua forza lavoro non di produzione lo scorso novembre. Nel 2024, prevede di ridurre le spese operative di almeno il 25% rispetto allo scorso anno.

Tuttavia, le iniziative di risparmio sui costi non faranno sparire la sfida del capitale dell’azienda. Beyond Meat ha bruciato 33 milioni di dollari durante il primo trimestre. La società si aspetta che il ritmo del consumo di cassa continui a scendere per il resto dell’anno, ha detto il CEO Ethan Walden Brown sulla chiamata agli utili dopo la chiusura del mercato mercoledì. “Stiamo prendendo provvedimenti per rafforzare il bilancio”, ha detto agli analisti.

Saleh si aspetta circa 100 milioni di dollari di consumo totale di denaro per il 2024, il che lascerà l’azienda con circa 90 milioni di dollari alla fine dell’anno.

Ciò significa che Beyond Meat dovrà raccogliere ulteriori capitali quest’anno. La società ha presentato una richiesta di poter offrire fino a 250 milioni di dollari di nuove azioni. Nel frattempo, secondo quanto riferito, Goldman Sachs ha chiesto ai prestatori diretti di sostenere la liquidità dell’azienda, ha riferito Bloomberg il mese scorso, citando persone a conoscenza della questione.

Goldman era la banca principale insieme a Credit Suisse sull’IPO 2019 di Beyond Meat.

Qualsiasi aumento del patrimonio netto potrebbe diluire significativamente il valore degli azionisti, e qualsiasi nuovo debito avrebbe probabilmente un tasso di interesse costoso. Le obbligazioni convertibili esistenti della società sono già scambiate a livelli profondamente scontati inferiori a 25 centesimi sul dollaro, secondo FactSet.

“Date le attuali tendenze del settore e il calo dei volumi di vendita, non crediamo che ci siano buone opzioni per un aumento di capitale in questo momento”, ha scritto Saleh in una nota di giovedì.

“Conserviamo l’assenza di nuovo capitale e il rischio di diluizione irrisolto come una sorpresa negativa per gli investitori che anticipano le notizie”, ha scritto giovedì l’analista di Mizuho John Baumgartner.


14/04/24 Sole 24 Ore: intervista a Labriola

notate l’accenno alle azioni di risparmio: sia nel caso di un dividendo straordinario che di una conversione sarebbe un win…


26/03/24 il Foglio: analisi su Tim


25/03/24 AcomeA: Telecom Italia, siamo alla svolta?

Telecom Italia, siamo alla svolta?

A cura di Antonio Amendola, Portfolio Manager, AcomeA SGR

Telecom Italia, leader italiano e fu leader mondiale delle telecomunicazioni, ha una storia travagliata che arriva da molto lontano e che continua tutt’ora.

Partiamo dai fatti e iniziamo con la compagine azionaria: 23.75% della società francese Vivendi, 9.81% della Cassa Depositi e Prestiti (CDP), 0.69% del gruppo Telecom Italia, 3.75% investitori istituzionali italiani, 44.2% investitori istituzionali esteri, 17.8% altri investitori. Questi sono i dati ufficiali riportati dalla stessa Telecom e che, ai fini dell’analisi dei fatti, teniamo in considerazione per i due macro blocchi Vivendi (23.75%) e CDP (9.81%) poichè, al momento, non abbiamo visibilità sul comportamento degli altri azionisti, nonostante saranno determinanti per le sorti di TIM.

Lo scorso 7 marzo, la società ha presentato un aggiornamento del suo piano industriale con i seguenti numeri condensati:

  • al 2024 la società si aspetta un debito (post cessione della rete) d 7.6 miliardi di euro con una leva inferiore alle 2 volte ma un valore assoluto di un miliardo circa più alto di quello che si aspettava il mercato. Gli analisti avevano infatti in mente un debito al 2024 di 6.6 miliardi. Questo è stato il primo elemento che ha allertato il mercato;
  • al 2026 la società si aspetta una riduzione del debito, tramite la generazione di cassa operativa, fino al raggiungimento del valore assoluto di 7-7.5 miliardi di euro. Questo il secondo elemento di allarme perché, facendo un calcolo approssimativo, implicherebbe che in arco piano la società non genera cassa al livello operativo;
  • il management ha precisato però che la generazione di cassa avviene sia nel 2025 sia nel 2026 ma viene assorbita da poste straordinarie legate alla dismissione della rete, agli interessi sul vecchio debito e al capitale circolante. Tutte poste straordinarie che però sottendono un andamento positivo della gestione operativa e in particolare del business Consumer domestico che è sempre risultato problematico

Questi elementi quantitativi hanno innescato il primo panic selling sul titolo durante la presentazione dei numeri che ha spinto il titolo anche in area -28%, peggior risultato di TIM in un solo giorno di contrattazione. Cosa ha causato questa prima reazione? Le motivazioni sono molteplici:

  • Dubbi sulla sostenibilità della società. Visto che la vendita della rete dovrebbe riportare la società sulla strada della generazione di cassa, come mai non si vede? In realtà, a livello operativo, la società genera cassa ma viene oscurata da elementi one off che potrebbero anche essere visti al ribasso come gli interessi sul debito esistente in caso di miglioramento del rating creditizio;
  • Mole ancora elevata di debito nonostante lo scorporo della rete. 7-7.5 miliardi di euro in arco piano sono ancora in valore assoluti elevati, tuttavia, questo valore non tiene conto dei possibili earn-out conseguenti alla vendita della rete (altri 2 miliardi circa rimanendo conservativi) e della vendita di Sparkle (7-800 milioni circa). Le leva al 2026 dovrebbe essere nell’intorno dell’1.6-1.7 in linea con i migliori player del settore;
  • Dubbi sulla credibilità del management e sulla loro pessima comunicazione. La società ha totalmente sbagliato l’approccio a questo Capital Market Day (CMD) non preparando bene in anticipo il mercato su queste poste straordinarie presenti nel piano, e non preparando bene sul livello di partenza superiore di 1 miliardo di euro rispetto alle stime. Questo ha dato un duro colpo alla credibilità del management che invece doveva dimostrarsi meritevole di fiducia per un secondo mandato;
  • Totale sfiducia nella società data la sua storia. Per la prima volta da anni, molti fondi speculativi avevano iniziato a dare credito al management e al loro piano, tuttavia si sono trovati traditi nelle aspettative e hanno immediatamente applicato una semplice equazione: 1 miliardo di euro aggiuntivi di debito equivale a 1 miliardo in meno di capitalizzazione e, cosa più importante, per tornare ad essere positivi la società deve dimostrare di essere in grado di portare a casa i numeri preventivati. 

Risultato di questo drammatico evento è una capitalizzazione post-CMD di circa 4.6 miliardi di euro. Superato la tappa del CMD, la prossima tappa cruciale è l’assemblea degli azionisti chiamati a nominare un nuovo board o a confermare quello attuale. La data dell’assemblea è fissata per il 23 aprile con termine ultimo per la presentazione delle liste il 29 marzo. A questo punto della storia riprendiamo i due blocchi di principali di azionisti e le loro intenzioni:

  • Vivendi 23.75%: con la sua partecipazione ha un potere quasi di veto sulle liste presentate, a seconda della partecipazione in assemblea. A oggi non sono ben note le sue intenzioni, nonostante sia il primo azionista, tranne che il fatto che ha svalutato la sua quota a 0.21 euro circa e che è stato sempre contrario alla vendita della rete. Contrarietà mai corroborata da un piano alternativo e/o dalla disponibilità a partecipare a una iniezione di capitale aggiuntivo;
  • CDP 9.81%: la società a controllo statale ha da sempre appoggiato il piano Labriola e lo spin off della rete, essendo entrata insieme a MEF e a KKR nella futura Netco. Ad oggi però, senza l’appoggio di altri investitori o senza la convergenza di Vivendi, non ha pieno potere per influenzare drammaticamente la governance;
  • Investitori esteri 44.2%: il vero ago della bilancia che dovrebbe aiutare la compagine governativa o quella transalpina. Al momento visto inoltre l’enorme mole di scambi dopo il capital market day (oltre il 30%) è difficile mappare di nuovo le loro intenzioni. Una cosa è certa, difficilmente sono rimasti molti supporter di Labriola;
  • Investitori italiani 3.75%: generalmente sotto il cappello di Assogestioni che al momento non hanno manifestato interesse nel presentare una loro lista e potrebbero appoggiare la posizione della CDP

Come ci avviciniamo all’assemblea e quali sono le liste attualmente sul tavolo. A oggi ufficialmente abbiamo solo la lista del CDA uscente con il piano descritto prima. Ci sono stati rumor su una ipotetica lista alternativa presentata dal fondo Merlyn. Fondo che aveva provato già a novembre a dire la sua proponendo di non vendere la NetCo a KKR. Interessante notare però che, stando alle ultime indiscrezioni, anche questo challenger ha inserito la vendita della rete oltre alla vendita del Brasile e della parte consumer. Con l’avvicinarsi della deadline per la presentazione delle liste, è emerso un ulteriore dettaglio rilevante che ha messo i mercati in fibrillazione: secondo S&P Global, attualmente sarebbero state prese in prestito azioni Telecom per un controvalore pari a circa 1 miliardo di euro, ovvero il 20% della capitalizzazione il valore di prestito più alto dal 2005. La prima reazione dei mercati è stata di ipotizzare un massiccio short contro il titolo Telecom ma, al livello tecnico, il prestito delle azioni può servire anche semplicemente per avere più voti in assemblea. A questo punto ci sono due considerazioni:

  • se il 20% della capitalizzazione è stata preso in prestito a questi livelli di prezzo, qualcuno scommette sul fatto che salti la vendita della rete per qualche motivo e che la società sia costretta a fare aumento di capitale (stile monte dei paschi di Siena). Tuttavia, se questo fosse la scommessa, non solo è molto affollata, ma anche rischiosa. Ad oggi, l’unica possibilità di bloccare la vendita della rete viene dalla DG Comp (ultimo tassello è l’approvazione del regolatore europeo atteso per l’estate) o dalla giustizia ordinaria italiana (in quanto Vivendi ha fatto ricorso contro la vendita della rete stessa ma si attende ancora la data della prima udienza). Qualunque sia il nuovo management della società, e ne è parzialmente riprova il cambio di passo di Merlyn, non può invertire la rotta sulla vendita. Inoltre, se davvero fossero state vendute allo scoperto, avremmo dovuto vedere una pressione molto importante e superiore o pari a quella del 7 marzo;
  • se il 20% della capitalizzazione è stata presa in prestito per votare in assemblea allora ci sono alcune considerazioni. La prima è che a breve (entro il 29) vedremo le carte scoperte. La seconda è che, chiunque sia, sta sostenendo un costo per questo prestito e, cosa più importante, si sta muovendo senza l’appoggio del Governo che potrebbe essere determinate in una società di questa portata strategica. 

Arriviamo ora alla valutazione di Telecom e alla sua famosa somma delle parti, a patto che venga venduta la rete altrimenti le considerazioni sono del tutto prive di fondamento perché si aprirebbe uno scenario da aumento di capitale diluitivo. A oggi Telecom capitalizza poco più di 4,5 miliardi di euro con un debito post cessione della rete di 7,6 miliardi di euro. La società è composta da Telecom Enterprise (la Star), Telecom Consumer (il business distressed), la controllata TIM Brazil e Telecom Sparkle che gestisce i cavi sottomarini. Telecom Entreprise, business ad alta crescita, fu valutato 2 anni fa da CVC circa 6 miliardi di euro. La parte controllata di Tim Brazil vale in borsa a oggi 5 miliardi di euro circa. Telecom Sparkle è in trattative per essere venduta al Mef/CDP per circa 600/800 milioni di euro. In aggiunta all’incasso alla vendita della reta, a seconda di alcune milestone come la fusione tra NetCo e Open Fiber, Telecom può avere diritto ad altri 2/3 miliardi di euro di Earn out. Quindi inserendo tutti questi numeri, a oggi, la parte consumer non solo non viene valutata, ma ha addirittura un valore negativo. Giusto o sbagliato che sia questo lo determinerà il mercato e il nuovo management con i risultati ottenuti, sulla consumer e sul settore delle Telecom in generale occorre però una ultima considerazione.

Il settore delle Telecom Europee vive una situazione di vessazione regolatoria che fu simile al settore bancario post crisi dei debiti sovrani. Il settore Telecom europeo è un settore strategico, ad alta intensità di investimento, ma con pochissima leva sui rendimenti. In Europa, l’elevatissimo numero di player ha portato le tariffe in costante ribasso, scenario inverso negli Stati Uniti. Questo contesto però, si sta rivelando insostenibile per il settore e per gli importanti investimenti strategici da perseguire. Il regolatore europeo, forse più ragionevolmente dopo le elezioni di questa estate, dovrebbe rivedere il suo approccio in tema di aggregazione tra i player esistenti e favorirne il consolidamento per migliorarne la redditività e la conseguente capacità di investire. Questo è un upside sul settore che, allo stato delle cose, non ha più tempo per arrancare inseguendo una disciplina europea datata e non in linea con le esigenze strategiche del continente.

Come detto all’inizio, la storia di Telecom arriva da molto lontano ed è una storia tutta italiana di distruzione di valore. Tuttavia, il settore delle telecomunicazioni e il suo sviluppo saranno sempre più strategici per un mondo che fa dei dati il suo petrolio. Telecom inoltre impiega, solo nel nostro Paese, più di 40mila persone e questa vicenda avrà degli impatti che vanno ben oltre il mero prezzo di borsa. È stata sicuramente una storia gestita male, in primis, dagli azionisti e, in seguito, dal management che hanno sottovalutato la fluidità e l’aggressività del mercato dei capitali. A questo punto però è il momento di ridare dignità al fu campione nazionale e mondiale delle telecomunicazioni che rischia di cadere sotto i colpi delle speculazioni del mercato


21/03/24 Aggiornamento TIM: articolo sulle vendite allo scoperto (Milano finanza)

Tim, quasi 1 miliardo di euro di posizioni ribassiste. Ecco perché il titolo è crollato dopo il piano di Labriola

di Francesca Gerosa

Le azioni in prestito sono salite al 19,33% del capitale del colosso tlc. Lo ricostruisce il Financial Times. La quota segna il più alto livello di posizioni corte dal 2005 per un ammontare di 930 milioni di euro: tra queste spuntano quelle di BlackRock e Capital Fund. Due le alternative per Vivendi in vista dell’assemblea del 23 aprile. Intanto gli analisti valutano lo spezzatino di Tim proposto dal fondo Merlyn. Sindacati sul piede di guerra

Mentre il titolo Tim è apparentemente calmo a Piazza affari (+0,31% a 0,224 euro), il Financial Times svela che le posizioni ribassiste contro l’azione sono «almeno raddoppiate» dopo la presentazione del nuovo piano industriale targato Pietro Labriola, andato indigesto al mercato. Non solo. Le scommesse ribassiste hanno raggiunto il picco da quasi vent’anni. Lo si desume dai dati di S&P Global sul prestito titoli, ritenuto un indicatore affidabile di quelle che sono le posizioni corte su una società. 

Il più alto livello di posizioni corte su Tim dal 2005

Ebbene, secondo S&P Global, come ricostruisce il Financial Times, le azioni in prestito sono salite al 19,33% del capitale del colosso tlc, quota che «segna il più alto livello di posizioni corte dal 2005» e il cui ammontare è pari a circa 930 milioni di euro. Gli unici ribassisti di cui si conoscono i nomi e le quote, perché rese note alla Consob in quanto titolari di posizioni corte superiori allo 0,5% del capitale, sono il Canada Pension Plan Investment Board (0,5%), l’hedge fund Qube Research & Technologies (0,72%) e, stando a quelle aggiornate al 20 marzo, BlackRockInvestment Management (0,53%) e Capital Fund Management (0,51%). Il quotidiano britannico ha anche ricordato che le azioni a prestito di Bt sono pari all’11% del capitale e quelle di Deutsche Telekom allo 0,5% del capitale. 

Gli analisti valutano lo spezzatino proposto dal fondo Merlyn

Il piano industriale di Tim è stato accolto male dal mercato, proprio mentre
l’ad Labriola sta cercando una conferma del suo mandato nell’assemblea degli azionisti del 23 aprile. Assise a cui prenderà parte anche il fondo Merlyn, guidato da Alessandro Barnaba, che detiene lo 0,53% nel capitale di Tim e che il 20 marzo ha proposto, come piano alternativo (TValue), la cessione di NetCo, di Tim Brazil entro il 2024 per ridurre il debito e mantenere l’occupazione in Italia e di ConsumerCo entro il 2025. Nelle prossime settimane gli analisti si aspettano che possa emergere più visibilità sul progetto, sulle persone a cui il fondo intende affidarne l’esecuzione (la presentazione delle liste alternative al cda deve avvenire entro il 29 marzo) e sulla razionalità del timing delle operazioni prospettate.

I sindacati sono già sul piede di guerra. Domani 22 marzo a partire dalle 10 le lavoratrici e i lavoratori di Tim saranno in presidio sotto il ministero delle Imprese e del Made in Italy, a Roma, per chiedere al governo di convocare un tavolo di confronto. «Con la presentazione del piano alternativo del fondo Merlyn, che prevede un ulteriore spezzettamento dell’azienda, ormai è chiaro il rischio che la vicenda possa diventare una mera questione finanziaria, con evidenti risvolti negativi sul futuro delle lavoratrici e dei lavoratori», hanno dichiarato il segretario confederale della Cgil, Pino Gesmundo, e il segretario nazionale della Slc, Riccardo Saccone. 

Due le alternative per Vivendi in vista dell’assemblea del 23 aprile

«Sarà interessante verificare la posizione del socio francese Vivendi (detiene il 23,75% del capitale ordinario di Tim, ndr), in merito alle proposte del piano Merlyn ed eventualmente alle persone indicate per eseguirlo, tema su cui ad oggi non sono emersi spunti», afferma Equita. In realtà, Labriola avrebbe incontrato alla vigilia Vivendi e discusso di possibili dividendi straordinari dall’incasso dell’earnout relativo alla cessione di NetCo (2,5 miliardi) e dalla cessione della quota in Inwit (0,3 miliardi) e di Sparkle (0,7 miliardi). Nell’incontro Vivendi avrebbe confermato la sua contrarietà alla cessione di NetCo alla valutazione concordata con Kkr, alla riconferma di Labriola e allo spezzatino promosso da Merlyn visto che contempla la cessione della rete a Kkr. In merito alla posizione del governo, il ministro dell’economia, Giancarlo Giorgetti, è stato chiaro: l’esecutivo ha fatto quanto era di sua spettanza e che ora valuterà il mercato «se avventurarsi in altre direzioni».

Considerando il significativo peso nell’azionariato, Vivendi è destinata ad avere un ruolo determinante sul futuro di Tim e ha di fronte due possibili alternative in vista del voto del 23 aprile, secondo Intermonte. La prima: supportare la proposta di Merlyn che promette un buon ritorno finanziario, ma non immediato dal momento che le cessioni richiedono tempo, soprattutto quella di ConsumerCo, asset oggi in fase di ristrutturazione e su cui restano aperte le questioni antitrust. Inoltre, uno spezzatino del gruppo esporrebbe la società e gli azionisti a importanti rischi di esecuzione finché il titolo Tim resterà quotato. Invece, un delisting del gruppo consentirebbe a tutti gli azionisti di cristallizzare un premio upfront sulla somma delle parti e di risolvere definitivamente anche il nodo delle azioni di risparmio. Infine, il cambiamento di posizione di Merlyn, ora a favore della cessione di NetCo alle valutazioni concordate con Kkr, dovrebbe indurre Vivendi a non appoggiare questa lista, per coerenza con la posizione finora espressa su NetCo e visto che si è sempre dichiarata contraria a uno spezzatino del gruppo. 

Seconda alternativa: trovare un accordo in extremis con Tim e Cdp/governo per non osteggiare (tramite l’astensione al voto) la lista del board uscente, chiedendo in cambio una revisione del piano industriale per rafforzare la visibilità sulla sostenibilità della ServiceCo e fornire maggiori garanzie sui ritorni futuri agli azionisti. In questo senso a Intermonte sembrano positive le presunte aperture di Labriola sulla possibilità di un dividendo straordinario una volta incassati gli earnout sulla rete e monetizzato la quota in Inwit e Sparkle. Questa seconda strada, che propone una strategia di rilancio industriale di lungo periodo e con minori rischi di esecuzione, appare più coerente con la posizione storicamente espressa da Vivendi

Equita valuta la somma delle parti di Tim 

Ad oggi, comunque, la somma delle parti del gruppo Tim porta a una valutazione più elevata del prezzo attuale in borsa, nonostante il forte calo del titolo (4,8 miliardi la capitalizzazione di mercato) dopo la presentazione del piano Labriola. La somma delle parti fatta da Equita porta a una valutazione di 35 centesimi di euro per azione (rating buy) in cui la Sim assume per Tim Brazil e Inwit il valore di mercato, un valore di 750 milioni per Sparkle e un multiplo di 3,1 volte per ConsumerCo e 6,6 volte per EnterpriseCo, al netto di debito e fondi rischi/pensione.


17/03/24 Sempre a proposito di Tim: intervista del Corriere della Sera all’amministratore delegato

La caduta in Borsa? Serve calma e fiducia nel piano. Parla il ceo di Tim, Pietro Labriola. «Siamo tornati competitivi».
E’ stata la settimana più difficile da quando nel 2022 ha assunto la guida dai Tim. Ma Pietro Labriola è convinto di aver preso la direzione giusta, che il piano “Free to run”, pensato per la nuova Tim senza la rete, sia in grado di sfruttare tutto il potenziale del gruppo per generare valore, nonostante la reazione negativa della Borsa. «Provo a fare una sintesi degli ultimi due anni. Siamo arrivati dopo tre profit warning e un impairment da 8 miliardi. Di fronte avevamo tre sfide — ricorda il ceo di Tim —: gestire le scadenze del debito in un contesto di mercato difficile con tassi alle stelle e due guerre in corso. Lo abbiamo fatto, rifinanziando oltre 7 miliardi in due anni, sembrava impossibile e ora ci stiamo attrezzando per garantire una copertura adeguata fino al 2029. Secondo, abbiamo riportato l’operatività in una situazione di normalità, soprattutto in termini di competitività: gli indicatori di performance parlano chiaro, il trend è in costante miglioramento sia per i ricavi che per Ebitda. Sul domestico siamo tornati a crescere dopo 22 mesi in calo. Terzo e non meno importante, siamo a un passo dal risolvere definitivamente il fardello del debito con la vendita della rete. Abbiamo reso reale un progetto che da 20 anni teneva banco. Ora sul tavolo fino a 22 miliardi: abbiamo accettato un’offerta da 18,8 miliardi che porterà al closing entro l’estate».
Questo è quello che ha fatto, ma il mercato guarda avanti e il giudizio che ha dato sul piano di Tim al 2026 è stato negativo.
«Anche io guardo avanti. Con il piano 2024-2026 Tim torna a generare cassa, a livello di Gruppo e in Italia, abbiamo davanti quasi 3 miliardi di potenziali earn-out, stiamo negoziando la cessione di Sparkle, elementi che contribuiranno senza dubbio ad accelerare le nostre riflessioni in materia di remunerazione agli azionisti. Il nostro obiettivo è una storia industriale solida e non uno e spezzatino. Siamo concentrati sul raggiungimento degli obiettivi del piano e sulla crescita del business domestico».
Che spiegazione si è dato per l’ondata di vendite?
«Certamente c’è un tema di aspettative di generazione di cassa nel biennio in corso ma è anche vero che il nostro è un titolo molto liquido, che siamo nel mezzo di un’operazione delicata e siamo più esposti alle vendite allo scoperto. Non a caso nel giorno del piano il prestito titoli ha raggiunto un picco, è presumibile che qualcuno abbia scommesso al ribasso. Ricordo che 16 banche d’affari esprimono un target price ben superiore ai prezzi attuali e in prevalenza con buy. Dobbiamo guardare avanti e condividere col mercato che il nuovo percorso è appena cominciato ed avrà grandi prospettive. Sono convinto che post cessione si vedrà maggiore ottimismo».
Pensa che sia stata solo speculazione o c’è qualcosa di più?
«Non spetta a me fare considerazioni, spetta a Consob fare le sue verifiche».
Parliamo del piano, è il primo di Tim senza la rete. Dopo oltre dieci anni che se ne parla sta per succedere. Cosa è cambiato?
«Le nuove sfide del mondo digitale spingono sempre più verso la sostituzione della rete in rame con quella in fibra, un passaggio che richiede forti investimenti per almeno 1,5 miliardi l’anno per 6-7 anni. Per una Tim verticalmente integrata significherebbe sostenere ingenti investimenti, il 28% del fatturato, soglia insostenibile. Per una società infrastrutturale il discorso è diverso. E’ questa la logica di creare Netco e venderla. Inoltre, se restiamo verticalmente integrati non potremmo partecipare al consolidamento: guardate l’operazione Fastweb-vodafone, il mercato sta cambiando».
Perché il piano parta serve concludere la vendita di Netco. Quanto ci vorrà?
«Il closing è previsto tra giugno e luglio ma non stiamo aspettando la vendita della rete per fare le cose, le stiamo già facendo».
I vostri concorrenti lamentano che gli accordi previsti dal “master service agreement” che regolerà i rapporti tra Tim e Netco vi danno un vantaggio.
«Non vedo elementi neanche potenziali di rischio. I servizi venduti da Netco a Tim saranno forniti in regime di non discriminazione per tutti gli operatori, praticando una politica di prezzi equamente accessibile a tutti».
Della rete cosa resterà in Tim?
«Manterremo tutta l’intelligenza della rete fissa e continueremo a essere l’operatore più infrastrutturato. Tim ha il backbone più distribuito sul territorio, la rete mobile col miglior spettro 5G e la principale infrastruttura di Data Center del Paese, ben 16 dietro a noi al secondo posto ci sono due operatori non Tlc che ne hanno quattro ciascuno».
Sarà una competizione in gran parte giocata sui servizi?
«Vogliamo costruire una vera e propria customer platform di servizi e contenuti. Dopo Netco potremmo sfruttare al meglio quello che abbiamo costruito. Potremmo offrire una connessione in fibra a 10 giga, 2 linee mobili e i contenuti di Disney, Prime, Netflix, Dazn e Apple+ più un’iphone a un costo fisso e in un unico pacchetto. Nessun concorrente oggi è in grado di farlo. Senza dimenticare che potremmo aggregare anche altri prodotti, dall’energia alle assicurazioni».
La parte più ricca del mercato è nel segmento business. Qui che piani ha la nuova Tim?
«Il piano prevede una crescita del 6% in un mercato enterprise che cresce tra il 4-5%. Il trend della tecnologia sta spingendo la migrazione sul cloud, dove si stanno spostando anche i servizi di cybersecurity. L’iot sta diventando sempre più importante. Faremo leva su queste direttrici e cresceremo più del mercato, considerando che siamo anche i primi azionisti del PSN, il cloud dove sta migrando la Pubblica
amministrazione».
In Servco il maggiore azionista resterà Vivendi. Può avere un ancora un ruolo?
«Io spero che continui a essere un’azionista ma che sia anche all’interno del Cda per supportare tutte le scelte strategiche del gruppo. E’ giusto che un socio al 23,7% dia il suo contributo all’interno del consiglio e quindi auspico che in qualche modo possa esserci una convergenza».
Teme rischi per la lista del Cda?
«Assieme al consiglio uscente abbiamo fatto tutto ciò che era nelle nostre possibilità per arrivare a un’operazione fondamentale per il futuro di questa azienda, grazie anche al supporto delle istituzioni».


13/03/24 Briefing.com: 3M in rialzo sulle crescenti speranze di un’inversione di tendenza più robusta (MMM)

Per gli azionisti di 3M (MMM), c’è stato poco di cui sentirsi bene negli ultimi anni poiché le azioni sono state dimezzate dalla metà del 2021 a causa dei persistenti problemi di contenzioso della società e della sua crescita sfibilante. Tuttavia, gli ultimi due giorni hanno fornito un raro raggio di luce per il titolo con azioni che sono salite di circa l’8,5%, rilanciate dall’annuncio di ieri che la società accoglierà William Brown come nuovo CEO, a partire dal 1° maggio.

  • Quella notizia sulla transizione della leadership, che ha suscitato speranze che il prolungato sforzo di inversione di tendenza di MMM si tradurrà finalmente in una crescita più forte, è stata seguita da alcuni commenti rassicuranti dell’attuale CEO Mike Roman durante la conferenza JP Morgan Industrials di questa mattina. In particolare, Roman, che diventerà presidente esecutivo quando Brown prenderà il timone come CEO, ha commentato che il primo trimestre sta andando come previsto, ma con alcune sacche di forza nel settore dell’aftermarket automobilistico e nell’elettronica, in particolare in Asia e Cina.
  • Questo è incoraggiante perché indica una continuazione dello slancio che esce dal quarto trimestre quando il segmento Trasporti ed Elettronica è oscillato verso una crescita positiva del +2,7%, dopo cali dell’1,8% e del 2,4% nei due trimestri precedenti. Il salto alla crescita positiva è stato alimentato da una stabilizzazione nel mercato finale dell’elettronica di consumo, che è stato approssimativamente piatto nel quarto trimestre.
  • Roman ha ancora caratterizzato il mercato finale industriale come misto nel complesso, ma il suo commento ottimista che ruota attorno a una ripresa dei mercati dell’elettronica, insieme a una riaffermazione della guida alle entrate FY24, sta fornendo qualche rassicurazione. In sostanza, ha preso qualche rischio dal tavolo in relazione agli utili del primo trimestre.
  • Su questa nota, Roman ha anche spinto la previsione EPS FY24 di MMM in più in alto di 0,05 dollari/azione a $2,05-$2,20. Ciò è legato a un finanziamento del debito di 8,4 miliardi di dollari alla fine di febbraio in cui il prossimo spin-off sanitario, chiamato Solventum (SOLV), manterrà 600 milioni di dollari con il resto che andrà a MMM. I $ 0,05/azione sono dovuti agli interessi sulla parte SOLV del debito. Sul tema del Solventum, Roman ha dichiarato che MMM prevede di mantenere una quota del 19,9%, che intende monetizzare nei primi cinque anni.
  • Ci sono molte parti mobili intorno a MMM e la sua inversione di tendenza è rimasta bloccata in modo neutrale, come evidenziato da otto trimestri consecutivi di calo delle entrate anno/anno. Tuttavia, il fatto che l’azienda stia portando un esterno a William Brown, che in precedenza è stato CEO dell’appaltatore della difesa L3Harris (LHX), dimostra che l’azienda è pronta a scuotere le cose.
  • MMM ha fatto buoni progressi in termini di risoluzione dei suoi problemi di contenzioso, in particolare per la causa Combat Arms, quindi un obiettivo principale ora per gli investitori è che MMM generi una crescita più forte. Per fare ciò, il signor Brown potrebbe aumentare la spesa di ricerca e sviluppo per riaccendere il motore di innovazione di MMM, oppure può rivolgersi alle acquisizioni per far ripartire la crescita.

Il principale punto di forza è che il sentimento aspro che incombe su MMM sta finalmente mostrando alcuni segni di miglioramento. Il CEO in arrivo William Brown ha il suo lavoro tagliato per lui, ma la maggior parte dei mercati di MMM si è stabilizzata, o addirittura migliorata, come l’elettronica di consumo. Il compito del signor Brown sarà quello di trasformare quella stabilizzazione in una crescita positiva. Se può farlo, allora un MMM malconcio potrebbe vedere un sfuggente rally sostenuto.


11/03/24 Tim risp: lo prendiamo questo Falling Knife?

never catch a falling knife!” dicono in America quando c’è una azione che sta scendendo a picco. E’ come cercare di prendere con le mani la lama di un coltello che sta cadendo: c’è da farsi molto male… nel 99% dei casi se una azione sta crollando ha i suoi buoni motivi per farlo: chi la compera ingolosito dal prezzo basso rischia di ritrovarsela dopo poco parecchio più sotto.

Eppure nel caso delle Tim risp….forse…

I titoli Tim sono due giorni che crollano per la sfiducia del mercato sul nuovo piano industriale post scorporo e vendita della rete. I dubbi sono sulla sostenibilità dell’indebitamento residuo.

Però le Tim sono due: le ordinarie e le risparmio e a noi potrebbero interessare queste ultime.

Ma cosa sono le azioni di risparmio? Un reperto dei tempi dei dinosauri, degli anni in cui i capitalisti italiani sempre a corto di capitali  per mantenere il controllo dei loro gruppi si inventarono questa categoria di azioni senza diritto di voto in assemblea. Gli azionisti di risparmio mettevano i soldi ma a comandare continuavano loro. In compenso le azioni di risparmio avevano alcuni vantaggi: essere le ultime a dover  essere svalutate in caso di perdite e soprattutto avere la precedenza sul pagamento dei dividendi e con una percentuale piu’ alta di quelle ordinarie

Vediamone le caratteristiche delle Tim Risp prese dall’attuale statuto della società:


Quindi protezione in caso di riduzione del capitale sociale ma soprattutto dividendo maggiorato: il 5% del valore nozionale dell’azione di 0,55 eur. (una volta era sul valore nominale ma ormai hanno eliminato anche quello) quindi 2,75 centesimi per azione CHE IN CASO DI MANCATO PAGAMENTO VIENE CUMULATO PER TRE ANNI. Cosa vuol dire? che l’anno scorso (esercizio 2022) Tim risp. non ha pagato dividendo. Quest’anno (esercizio 2023) molto probabilmente non pagherà e quindi il prossimo anno se la società torna in utile e a distribuire dividendi alle azioni di risparmio spetterebbe 8,25 centesimi che su un titolo che ha chiuso oggi a 21,35 rappresenta un rendimento (lordo) del 38%

Ma se non paga neanche il prossimo anno? L’azione si porta dietro gli 8,25 cent pari a tre dividendi cumulati fino a quando tornerà in utile e pagherà. C’e’ il precedente delle Edison Risp. rimaste quotate dopo che EDF aveva cancellato con un OPA le azioni ordinarie dal listino: per anni non hanno pagato il dividendo ma nel 2022 sganciò un dividendo monstre di 28,5 cent (cumulava per 5 anni).

In più siccome le azioni di risparmio non sono ben viste dal mercato se la TIM – mai dire mai – ritornasse a fare utili potrebbe cercare di convertirle in azioni ordinarie come hanno fatto tante altre società e in questo caso di solito per convincere gli azionisti viene loro offerto un premio di conversione rispetto ai prezzi del momento.

Ma Telecom non è cosi mal messa da poter fallire? Si ma… mentre le azioni crollavano i bond di telecom (rating sotto l’investment grade comunque) sono rimasti quasi stabili segno che il mercato a questa ipotesi crede poco. E poi stiamo parlando di una società strategica per l’immagine dell’Italia…

In più controlla Tim Brasil – l’unica partecipazione rimasta di quelle che aveva prima della dissennata privatizzazione fatta negli anni 90 dal tandem Prodi\Draghi – che da sola vale più della attuale capitalizzazione di Telecom quindi ancora un poco di ciccia da spolpare ci sarebbe….

Comunque visto che come dicono gli americani “nessun pasto è gratis”… e presumendo che siate tutti adulti e vaccinati – e che io ho messo in prima pagina un bel DISCLAIMER – fate un poco come vi pare…


28/02/24 Briefing.com: Beyond Meat sta cucinando oggi mentre le azioni aumentano a seguito di nuove iniziative di turnaround (BYND)

Beyond Meat (BYND +42%) sta cucinando oggi mentre le azioni riprendono vita su molteplici iniziative organizzative volte a invertire le vendite poco brillanti e ad ampliare le perdite nette. Il fornitore di carne vegetale ha incontrato numerosi ostacoli negli ultimi tre anni, dalla saturazione del mercato che ha portato a un’accresciuta attività promozionale a intense pressioni inflazionistiche che hanno innescato un elevato trade-down dei consumatori.

Tuttavia, per l’anno fiscale 24, BYND sta restringendo la sua attenzione a cinque pilastri centrali: accelerare verso una struttura operativa più snella, rinnovare le offerte di base per il consumo statunitense, attuare cambiamenti dei prezzi, liberare capitale e investire in modo più aggressivo in Europa. In combinazione con le vendite allo scoperto al 37% del flottante, che sta stimolando l’azione di short squeeze, gli investitori stanno esprimendo la loro eccitazione per un anno cruciale per BYND, spingendo le azioni verso i massimi di sei mesi oggi.

  • BYND è in mezzo a un’aggressiva riduzione dei costi, stabilendo un minimo di 70 milioni di dollari di tagli dal suo bilancio operativo per il 2024. Di conseguenza, BYND sta prendendo di mira OpEx di 170-190 milioni di dollari, in calo rispetto ai 259 milioni di dollari nel FY23, che si è aggiun miglioramento decente da 319 milioni di dollari nel FY22. Parte di questo piano prevede l’interruzione di alcuni prodotti. Ad esempio, BYND sta interrompendo la produzione del suo Beyond Meat Jerky.
  • Il gusto è essenziale per spostare il prodotto. BYND è ora alla quarta iterazione della sua carne bovina vegetale, lanciando Beyond IV nella vendita al dettaglio negli Stati Uniti il mese prossimo con una più ampia distribuzione in aprile e maggio.
  • Un’altra componente vitale della crescita delle vendite è il prezzo. BYND ha lottato con l’ambiente inflazionistico, costringendolo a offrire maggiori sconti commerciali e portando a margini tetri. Ad esempio, nel quarto trimestre, i margini lordi sono stati -113,8%, considerevolmente peggiori del – 3,7% nel 4Q22. A rendere la compressione del margine più frustrante è stato che non è riuscita a stimolare un significativo aumento delle vendite, con BYND che ha registrato il suo settimo trimestre consecutivo di crescita in calo nel quarto trimestre. Tuttavia, BYND sta cercando di trasformare le cose nel FY24, implementando programmi di determinazione dei prezzi nel secondo trimestre per supportare il ripristino del margine.
  • Aiutando l’obiettivo di BYND di ripristinare i margini è anche il consolidamento della sua rete di produzione. Negli ultimi due anni, BYND ha contratto la sua rete di produzione da 13 co-packer in Nord America a uno solo. L’assegnazione di risorse alle sue imprese europee sarà vitale per sostenere la crescita di BYND quest’anno.
  • La domanda internazionale attraverso i canali di vendita al dettaglio e di ristorazione ha guidato principalmente un aumento del volume dell’8% annuo/anno nel quarto trimestre. I partner europei di BYND sono marchi di spicco, tra cui McDonald’s (MCD), Pizza Hut (YUM) Starbucks (SBUX).

BYND ha molto nel suo piatto quest’anno. Con così tante parti in movimento, le interruzioni in una qualsiasi delle sue cinque iniziative principali potrebbero ritardare o fermare gli sforzi di turnaround. Mentre ci piacciono i piani ambiziosi di BYND, potrebbe arrivare troppo tardi. La concorrenza si è intensificata, con dozzine di opzioni alternative di carne a base vegetale nei punti vendita al dettaglio. Inoltre, molti di questi marchi sono penetrati nell’industria della ristorazione, rendendo più difficile per BYND far crescere questo canale. Anche se le azioni stanno sfrigolando oggi, ci piace un approccio wait-and-see che circonda l’inversione di tendenza di BYND.


27/02/24 Barron’s: Beyond Meat vola dopo la trimestrale

Beyond Meat – un tempo una delle azioni darling di Wall Stret e’ improvvisamente balzata dell’80% nel dopo borsa grazie ad una trimestrale che mostra vendite migliori delle previsioni. Dato che e’ uno dei titoli più shortati (il 38% del flottante) è facile che stia partendo uno short squeze (una strizzata ai co_glioni degli scopertisti) con i fiocchi e in questo caso dopo qualche giorno di rialzi selvaggi il titolo tornerà nell’oblio… ma magari è davvero un punto di svolta industriale

DaEvie LiuSegui

Le vendite di Beyond Meat sono diminuite del 7,8% nel quarto trimestre rispetto a un anno fa.

BYND  ha registrato un calo delle vendite anno su anno per il quarto trimestre, mentre la perdita di utili è stata peggiore delle aspettative degli analisti. Tuttavia, il titolo sta salendo dell’80% nel dopobarba poiché il numero di top-line era più alto del previsto.

Per gli ultimi tre mesi del 2023, la società di carne a base vegetale ha registrato 155 milioni di dollari di perdite nette, o 2,40 dollari per azione, su 73,7 milioni di dollari di entrate nette.

Le vendite sono diminuite del 7,8% rispetto a un anno fa, ma sono state superiori alle previsioni di Wall Street. Gli analisti intervistati da FactSet si aspettavano un fatturato trimestrale di 66,7 milioni di dollari con una perdita di 89 centesimi per azione.

Questa è una notizia dell’ultima ultima informazione. Torna presto per ulteriori analisi.


17/01/24 Barron’s: Il mistero della valutazione ridicolmente bassa delle azioni Volkswagen

DaAl RootSegui

Arno Antlitz, direttore finanziario di Volkswagen AG,

Volkswagen è una delle più grandi case automobilistiche del pianeta, con grandi piani per vendere più veicoli elettrici negli Stati Uniti.

Vendere veicoli elettrici agli americani non dovrebbe essere in cima alla mente per gli investitori statunitensi, però. La domanda migliore è: cosa succede con la valutazione delle azioni Volkswagen?

Volkswagen sembra stranamente economica. La società ha venduto 9,2 milioni di auto nel 2023 e la sua capitalizzazione di mercato è di circa 63 miliardi di dollari, mentre Toyota Motor ha venduto circa 10 milioni di auto, ma ha una capitalizzazione di mercato di circa 260 miliardi di dollari, secondo FactSet.

Questo è solo l’inizio dell’enigma ellai valutazione. Volkswagen ha circa 50 miliardi di dollari in più di contanti sui suoi libri rispetto al debito, compresi gli aggiustamenti tipici delle grandi case automobilistiche per cose come le operazioni di leasing. Volkswagen possiede anche circa il 75% delle azioni di Porsche. Quella quota vale circa 55 miliardi di dollari. Quindi, al netto del contante e delle azioni Porsche, le azioni Volkswagen valgono approssimativamente 40 miliardi di dollari negativi.

Non ha senso. “Perché le nostre azioni sono scambiate in questo modo?” chiede il direttore finanziario di Volkswagen Arno Antlitz. Forse le valutazioni depresse per i pari nella sua regione sono un dato di fatto. “Prima di tutto questo è vero per alcune aziende in Europa”.

Stellantis ha una capitalizzazione di mercato di circa 63 miliardi di dollari. Netto di contanti e leasing, quel numero è più vicino a 30 miliardi di dollari, lasciando le azioni Stellantis scambiate per 2 volte gli utili stimati del 2024. Le azioni BMW vengono scambiate per circa 3 volte i guadagni. Le azioni Ford Motor e Toyota scambiano entrambe per circa 4 volte gli utili, dopo gli aggiustamenti, mentre le azioni GM scambiano per circa 3 volte. Eppure le azioni Volkswagen vengono scambiate per guadagni negativi di 3 volte.

C’è anche il problema della complessità di Volkswagen. Ha molte marche, tra cui Porsche, Audi, Skoda, Lamborghini e Bentley. VW ha anche una società di batterie EV chiamata PowerCo.

Antlitz sta lavorando per ridurre la complessità. “Siamo aperti a portare investitori esterni per PowerCo”, dice, aggiungendo che alla fine ci dovrebbe essere un’offerta pubblica iniziale di PowerCo, simile a quello che VW ha fatto con Porsche nel 2022.

Anche se l’IPO di Porsche non ha fissato la valutazione di Volkswagen, ha generato un certo valore per gli azionisti. VW ha pagato circa 19 euro (20,66 dollari) per azione in dividendi speciali.

Volkswagen preferisce pagare dividendi variabili, dichiarati annualmente, come sua principale forma di ritorno di capitale agli azionisti, e mira a pagare circa il 30% dei profitti totali. Nell’ultimo decennio-plus, Volkswagen ha pagato circa 35 miliardi di euro (38 miliardi di dollari), che rappresentano circa il 31% dei suoi profitti totali.

Alla fine, gli investitori devono smettere di pensare alla valutazione di VW e pensare ad altre cose. È troppo difficile da capire. “Quali altre domande riceviamo… Sei in grado di aumentare la tua strategia di elettrificazione come previsto”, spiega Antlitz.

La sua risposta è sì, indicando dati recenti. In tutti i suoi marchi, veicoli elettrici a batteria o BEV, le vendite hanno superato le 770.000 unità nel 2023, in aumento di circa il 35% anno su anno. I BEV hanno rappresentato oltre l’8% delle vendite totali di auto, rispetto a circa il 7% del 2022.

Le vendite di VW BEV negli Stati Uniti sono cresciute di circa il 60%, arrivando a circa 70.000 unità. Cinque modelli hanno venduto più di 5.000 unità nel 2023, rispetto ai tre modelli del 2022.

Più crescita di BEV sta arrivando man mano che i modelli proliferano. “Solo un numero molto piccolo di segmenti sono elettrificati finora”, afferma Antlitz. “Ci sono così tanti modelli in arrivo…[il] ID Bus, ID. 7, Q6 E-Tron.” Alla fine, ci saranno anche veicoli elettrici VW sotto i 35.000 dollari.

Il successo dei veicoli elettrici potrebbe anche far parte dell’attuale enigma di valutazione. Forse gli investitori sono preoccupati che i BEV non saranno redditizi come le auto tradizionali. Volkswagen non vede un problema di profitto e sta pianificando la “parità di margine” su alcuni modelli di veicoli elettrici entro il 2025. Ciò significa essenzialmente guadagnare margini di profitto operativi dal 7% all’8%. I costi della batteria più bassi e una maggiore scala di produzione sono fondamentali per aiutare a raggiungere questo obiettivo.

Forse i profitti di BEV possono aiutare a risolvere l’enima di valutazione di Volkswagen. Nient’altro ha funzionato finora.


12/01/24 Bloomberg: Le azioni di chip con le peggiori prestazioni affrontano più tristezza nel 2024

  • Gli investitori di Wolfspeed si sono inaspriti tra le lotte con il nuovo impianto
  • Lo stock di semiconduttori ha un inizio difficile quest’anno
Joe Biden durante una visita alle strutture Wolfspeed a Durham, nella Carolina del Nord.
Joe Biden durante una visita alle strutture Wolfspeed a Durham, Carolina del Nord.Fotografo: Jim Watson/AFP/Getty Images

Di Ian King

In uno dei migliori anni mai registrati per le azioni di semiconduttori, Wolfspeed Inc. è riuscita a perdere più di un terzo del suo valore. La maggior parte di Wall Street non scommette su una rapida inversione di tendenza nel 2024.

Il produttore di chip che controllano la potenza nei veicoli elettrici e in altri dispositivi è stato l’unico titolo dell’indice Philadelphia Stock Exchange Semiconductor a diminuire nel 2023. Gli investitori si sono inaciditi dopo i ritardi nei suoi sforzi per introdurre un modo più avanzato di produrre chip che sono una componente vitale dei veicoli elettrici, una rampa che dovrebbe renderlo più redditizio. Wolfspeed non è stato in grado di far funzionare il suo nuovo impianto nello stato di New York vicino alla capacità.

In uno spettacolo di quanto poca fiducia abbiano gli analisti in un rally, l’obiettivo di prezzo medio a Wall Street era solo pochi dollari sopra il prezzo delle azioni all’inizio dell’anno, secondo i dati compilati da Bloomberg. Da allora, Wolfspeed è sceso di un altro 20%, rendendolo ancora una volta il peggior performer sull’indice dei chip di riferimento. Meno della metà dei 24 analisti che coprono l’azienda ha valutazioni di acquisto.

“Il loro track record è stato molto incoerente”, ha detto Chris Rolland, un analista di Susquehanna Investment Group, citando una serie di deludenti rapporti sugli utili che si sono conclusi in ottobre quando la società ha riferito vendite migliori del previsto. “Devono continuare a soddisfare, o meglio ancora superare, le aspettative di entrate dalla rampa della Mohawk Valley”, ha detto, riferendosi allo stabilimento di New York.

I problemi di Wolfspeed derivano dai ringhi di produzione in un altro dei suoi stabilimenti che è uno dei maggiori produttori di wafer di carburo di silicio. I wafer sono ciò su cui sono costruiti i suoi chip e una fornitura inadeguata sta soffocando la produzione presso lo stabilimento di chip di Mohawk Valley.

Non riuscire a massimizzare la produzione in un costoso impianto di produzione è un peccato cardinale per un produttore di chip, che deve affrontare costi fissi elevati per la produzione che possono rapidamente diventare obsoleti. La spesa degli impianti di costruzione può essere giustificata solo se le aziende possono gestire i loro impianti 24 ore al giorno il più vicino possibile.

Se Mohawk Valley può essere portato presto a piena capacità, Wolfspeed sarà in grado di ridurre i costi fino al 40% rispetto alla sua produzione esistente e l’azienda dovrebbe avere “un grande vantaggio in termini di costi” rispetto a concorrenti come ON Semiconductor Corp. per alcuni anni, secondo l’analista di Wells Fargo Gary Mobley.

L’orologio sta ticchettando, tuttavia. I suoi colleghi stanno ora segnalando che la domanda automobilistica sta rallentando poiché i produttori di veicoli tagliano gli ordini per ridurre le scorte di parti inutilizzate. La scorsa settimana, Mobileye Global Inc. ha avvertito che un tale accumulo stava pesando pesantemente sugli ordini e le sue entrate del primo trimestre scenderanno del 50% rispetto all’anno precedente.

Non tutti sono pessimisti su Wolfspeed, ovviamente. Jed Dorsheimer di William Blair ha definito il titolo la sua “migliore idea” del 2024. La chiamata è radicata nella convinzione che la Mohawk Valley avrà presto i wafer necessari per operare a una capacità molto più elevata e che le forniture di wafer dalla Cina non presto sapranno il vantaggio competitivo di Wolfspeed.

Per George Gianarikas di Cannacord Genuity, uno degli 11 analisti che hanno un rating di acquisto sulle azioni della società, possedere Wolfspeed si riduce a una scommessa sulla sua capacità di fare abbastanza carburo di silicio per fornire l’impianto di Mohawk.

“Saranno in grado di fare quel materiale? Penso di si, ma nessuno lo sa, compresi probabilmente loro”, ha detto in un’intervista.

La società ha affermato che c’è più domanda di quella che può essere attualmente fornita e che mettere in funzione le sue nuove strutture alimenterà una grande opportunità di entrate.

“Il nostro piano di espansione della capacità supporta un’opportunità di mercato di 20 miliardi di dollari entro il 2030”, ha detto la società in una dichiarazione via e-mail. “Siamo fortemente concentrati sull’aumento di questa capacità degli Stati Uniti, perché c’è una significativa mancata corrispondenza offerta/domanda per il prossimo futuro”.

Quando Wolfspeed riporta gli utili fiscali del secondo trimestre alla fine di questo mese, si prevede che mostrerà una perdita netta dalle operazioni continue di 139 milioni di dollari, secondo la stima media degli analisti. La società non ha avuto un profitto annuale dal 2014 e non si prevede che tornerà alla redditività su base annuale fino al 2027.

L’impianto di Mohawk Valley punta all’utilizzo del 20% entro la fine dell’anno fiscale 2024, che termina a giugno. Per soddisfare la necessità di più cosiddetti wafer SiC, sta anche investendo in un’altra struttura nella Carolina del Nord per far crescere i cristalli che diventeranno i wafer per formare la base su cui sono poi costruiti i chip.

Per ora, mentre i costi della sua scommessa sulla produzione del nuovo tipo di chip aumentano, tutti gli investitori vogliono vedere che è la prova che sta dando i suoi frutti, secondo l’analista di Cowen & Co. Joshua Buchalter.

“Si tratta di quanti wafer possono produrre a rendimenti abbastanza alti per alimentare la loro struttura”, ha detto.


20/12/23 Forbes: Come perdere quasi 20 miliardi di Dollari: La cronaca della caduta di Charles Ergen e della sua Dish Network E il suo ultimo tentativo di Rilancio.

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Dish ed EchoStar di Charles Ergen dovrebbero fondersi entro la fine dell’anno.ANDREW KELLY/REUTERS/REDUX

Una volta la 24a persona più ricca d’America, l’ex giocatore di poker sta facendo un’audace offerta per far rivivere il suo impero e la sua fortuna.

Di Monica Hunter-Hart, Collaboratrice


All’inizio del 2015, Charles Ergen era la persona più ricca del Colorado e la 24a più ricca degli Stati Uniti. Circa 14 milioni di famiglie guardavano la loro TV grazie alla sua Dish Network, che aveva recentemente raggiunto un’alta capitalizzazione di mercato di tutti i tempi di quasi 37 miliardi di dollari. La sua seconda attività, EchoStar, stava approfittando del successo di Dish, fornendo la maggior parte della tecnologia satellitare per le sue trasmissioni. Ergen, che possedeva pezzi considerevoli di entrambe le società quotate in borsa, aveva una fortuna di 20,1 miliardi di dollari.

Poi sono arrivate le guerre in streaming. Mentre i clienti affollano opzioni on-demand basate su Internet come Netflix e Hulu, la base di abbonati di Dish TV è scesa a 6,7 milioni, in calo rispetto a un picco di 14,1 milioni nel 2010. Dish ha perso 900.000 clienti solo nell’ultimo anno. Gli azionisti hanno abbandonato la nave, spingendo il titolo da 70,83 dollari per azione nove anni fa a 4,88 dollari ora, un calo del 93%, compresa una caduta libera del 65% nel 2023. Nel frattempo, EchoStar ha generato 1,8 miliardi di dollari di entrate nei 12 mesi fino a settembre, quasi la metà dei 3,4 miliardi di dollari generati nove anni fa. Non sorprende che il patrimonio netto di Ergen, che rimane in gran parte legato nelle due imprese, sia crollato, scendendo di uno straordinario 94% dal 2015, nonostante l’S&P 500 abbia guadagnato il 125% di valore nello stesso periodo. La sua fortuna è scivolata sotto gli 800 milioni di dollari a novembre, quando è caduto brevemente dai ranghi dei miliardari per la prima volta dal 1998.

Ora Ergen, un ex giocatore di poker professionista, sta scommettendo di poter invertire le sue fortune con una revisione completa del business: fondendo EchoStar e Dish e trasformando il business da pay TV in un operatore di rete wireless 5G. La sua scommessa si basa su una tecnologia rivoluzionaria ma poco testata e su un accordo che porterà denaro tanto bisognoso per ordinare il bilancio di prestiti di Dish, che ammonta a 21 miliardi di dollari di debito, di cui 3 miliardi di dollari dovuti l’anno prossimo. “Aveva bisogno di fare mosse audaci”, afferma Roy Chua, fondatore e preside di AvidThink.

Annunciata ad agosto, la FCC ha approvato la fusione il 6 dicembre, facendo salire il titolo del 31% dal suo minimo di 3,32 dollari e contribuendo a riportare Ergen nei ranghi dei miliardari; attualmente vale 1,3 miliardi di dollari. La transazione dovrebbe chiudersi entro la fine del mese. Gli investitori sono incoraggiati dal fatto che Dish sarà ora in grado di pagare almeno il primo dei suoi enormi debiti l’anno prossimo, anche se gli analisti rimangono scettici sulla salute a lungo termine dell’azienda, soprattutto perché i debiti potrebbero continuare a crescere e l’azienda deve raccogliere miliardi in più di capitale. Non è la prima volta che Ergen ha affrontato probabilità difficili o ha escogitato un piano a lungo per tirarlo via d’uscita.


Nato in Tennessee nel 1953 da un ex fisico del Progetto Manhattan, Ergen si è fatto carico delle sue finanze all’età di 18 anni, quando suo padre è morto, rassimonando i fondi per le tasse scolastiche all’Università del Tennessee-Knoxville da lavori occasionali e vincite di poker. Dopo la laurea, ha ottenuto un MBA a Wake Forest e ha lavorato per alcuni anni come revisore dei conti e poi come analista finanziario prima di decidere che non era tagliato per essere un dipendente aziendale.

Nel 1980, si è unito alla fiorente industria della TV satellitare, fondando EchoStar (originariamente chiamata Echosphere) con la sua futura moglie, Cantey McAdam, e il suo amico Jim DeFranco, che insieme vendevano parabole satellitari dal retro di un camion. Mentre il trio attraversava un’autostrada del Colorado per installare il loro primo sistema, Ergen, guidando troppo veloce, si è visto perdere metà del suo inventario in pochi secondi mentre una raffica di vento soffiava via dal piatto che stavano trainando.

Dopo alcuni anni di installazione di parabole ai clienti in tutta la montagna occidentale rurale, ha deciso di provare a inviare satelliti nello spazio in modo da poter offrire i propri servizi di trasmissione. Con obbligazioni spazzatura e un’IPO da 63 milioni di dollari, il suo team ha messo insieme abbastanza soldi entro la fine del 1995 per lanciare il loro primo satellite, utilizzando un razzo della China Great Wall Industry Corp. che aveva un tasso di fallimento del 50%. Ergen in seguito ha detto che l’azienda avrebbe potuto immediatamente crollare se quel lancio non avesse funzionato. Così iniziò Dish Network, allora un’entità sotto EchoStar.

Nel giro di due anni, EchoStar aveva oltre 1 milione di clienti e stava aggiungendo abbonati sei volte più velocemente del suo più grande concorrente DirecTV. Bastava per collocare Ergen tra le persone più ricche della nazione. Nel 1997, è apparso per la prima volta su The Forbes 400, per un valore stimato di 500 milioni di dollari. Nello stesso anno, ha fatto notizia per un famigerato scontro con Rupert Murdoch di News Corp., che aveva accettato di unire le risorse della TV satellitare ma poi si era ritirato dall’accordo, lasciando EchoStar per morto. Ergen, furioso, lo ha citato in giudizio per violazione del contratto. È finito in imbarazzo per Murdoch, che non è riuscito a trovare partner satellitari alternativi ed è tornato a EchoStar, accettando un accordo peggiore di quello che aveva avuto in primo luogo. (I due hanno continuato ad affrontarsi per anni come concorrenti; Murdoch ha acquisito DirecTV un anno dopo che l’offerta di Ergen è fallita.)

Lungo la strada, Ergen ha sviluppato una reputazione di frugalità, compresa la richiesta dei primi dirigenti di EchoStar di condividere le camere d’albergo – cosa che ha fatto anche lui – e di prenotare voli red-eye quando possibile. Negli anni ’90, si è comprato un pass a vita su United Airlines dandogli il miglior posto disponibile su qualsiasi volo nazionale per il resto della sua vita, una decisione che ha fatto risparmiare alla compagnia “milioni di dollari”, afferma il portavoce di Dish Ted Wietecha.

Ergen non è noto per fare acquisti appariscenti, anche se ha speso almeno 65 milioni di dollari dalla fine degli anni ’80 acquistando gradualmente circa 14.400 acri di terreno ranch nel Colorado sud-occidentale che ora vale circa 120 milioni di dollari.

Nel 2008, Ergen ha trasformato Dish in una società separata, che è diventata l’attività principale, affermando che la separazione avrebbe aiutato l’espansione dei fondi e avrebbe permesso a ciascuna entità di specializzarsi (Dish sulla pay TV; EchoStar sulla tecnologia satellitare). Mentre la star di Dish si alzava, Ergen si è anche fatto alcuni nemici, guadagnandosi il titolo di “l’uomo più odiato di Hollywood” da The Hollywood Reporter e Dish come “peggiore compagnia per cui lavorare” più volte da 24/7 Wall St nei primi anni 2010. “Naturalmente Hollywood odiava Charlie”, risponde il portavoce Wietecha, perché Ergen ha introdotto la tecnologia di ad-slipping all’epoca che ha fatto arrabbiare le emittenti: “Quella lotta è solo un altro esempio di Dish che innova per conto dei consumatori”.

Non era solo Hollywood. Un flusso costante di cause legali da parte di altre aziende, clienti e dipendenti ha accusato Ergen e le sue aziende di violazioni di brevetti, distruzione di documenti, violazione del copyright, discriminazione sessuale e di disabilità e altri reati nel corso degli anni. Una volta è stato accusato di aver usato i soldi del fondo fiduciario di sua figlia (senza dire a sua moglie) di acquistare illegalmente il debito di un’altra azienda. I giudici hanno condannato Ergen e le sue aziende, con una che critica la loro “pratica sostenuta e radicata di violare la legge” e un’altra che dice che la loro condotta in tribunale “non soddisfa nemmeno il comportamento degli studenti della scuola di legge”.

Alla domanda di commentare le cause legali, il portavoce di Dish ha affermato che la società ha generalmente prevalso nel contenzioso. “Come la maggior parte delle grandi aziende che sono in attività da decenni, ci sono una serie di procedimenti legali a cui si può indicare o chiamare”, afferma il portavoce. “È facile scegliere tra loro per dipingere qualsiasi falsa narrazione tu voglia”.

Ergen ha anche ripetutamente fatto arrabbiare la FCC per aver usato manovre oscure nelle aste e non aver rispettato alcune delle scadenze di licenza di Dish.

“Non credo che si possa dire che questo era “un tempo grande business””, afferma Craig Moffett, amministratore delegato di MoffettNathanson. “Devi davvero passare attraverso la storia di Dish e cercare di trovare qualcosa di lode, e non è facile”.

A suo merito, Ergen ha visto arrivare il declino della sua industria e ha cercato di creare nuove linee di vita. Ha comprato il Blockbuster in bancarotta per 320 milioni di dollari nel 2011, sperando di utilizzare la sua biblioteca per creare un concorrente Netflix e i suoi negozi per vendere un futuro servizio wireless, ma nessuno dei due è successo (ha detto che era troppo tardi per il primo obiettivo e troppo presto per il secondo). Ha lanciato il primo servizio di streaming TV in diretta, Sling TV, nel 2015. La sua crescita si è rapidamente bloccata, però, tra la concorrenza di artisti del calibro di YouTube TV e Hulu Live.

Un ex dirigente di Dish incolpa una “porta girevole” della leadership dell’azienda per i problemi di Sling. Nel decennio fino al 2022, 24 persone hanno ruotato attraverso il team di dirigenti dell’azienda (che variava in dimensioni da 7 a 14); tre sono rimaste meno di un anno. (“Contabilità per i dirigenti che sono andati in pensione, l’attrito è stato pari o inferiore alle medie del settore”, afferma il portavoce di Dish.) Non ha aiutato il fatto che le stock option dei dirigenti di Dish, in cui sono pesantemente compensate, non siano valse molto da anni, dato il prezzo delle azioni in crate.

“Perché dovresti rimanere se riesci a vedere la traiettoria del titolo?” dice l’ex dirigente. “Charlie era incredibilmente intelligente, un visionario. In realtà poteva vedere dietro gli angoli. Penso che il suo problema sia probabilmente la sua testardaggine. Probabilmente ha perso denaro in valore non volendo pagare le persone e dovendo ricominciare tutto da capo nei posti di comando chiave”.

Ora, Ergen pensa di aver trovato un’altra scialuppa di salvataggio: il 5G. Dal 2008, ha acquisito in modo criptico le licenze per lo spettro, le bande di frequenze radio su cui viaggiano le comunicazioni wireless e che sono regolate dalla FCC. Entro il 2020, era seduto su un enorme portafoglio di licenze che stavano per scadere prima di poterle usare.

È stato allora che ha ricevuto la sua ultima tregua di 11 ore, da un’indagine antitrust: la FCC stava discutendo se consentire una fusione tra due dei quattro principali operatori di telefonia cellulare degli Stati Uniti, T-Mobile e Sprint. Piuttosto che vietare la mossa, la commissione ha ideato l’insolito piano di aiutare un nuovo operatore a ottenere le risorse per sostituire Sprint come quarto giocatore sul mercato. Dish, con la sua montagna di prezioso spettro, era l’unica azienda che poteva ricoprire il ruolo.

Quindi T-Mobile e Sprint sono stati autorizzati a unire le forze e Dish ha ricevuto estensioni di licenza di spettro e l’attività wireless prepagata di Sprint, a condizione che Dish sviluppasse un’attività postpagata mentre costruiva la propria rete 5G a velocità record.

Ergen ammette che correre a rispettare le scadenze della FCC ha significato che il team Dish ha dovuto andare “avanti davanti ai nostri sci”, come ha detto nella più recente chiamata agli utili di Dish. “Stiamo facendo qualche errore in più di quanto probabilmente vorremmo fare”, ha detto. Inizialmente hanno avuto problemi a integrare i pezzi della rete e gli analisti dicono di aver fatto un cattivo lavoro di marketing sia di Boost Infinite, il nuovo servizio wireless postpagato di Dish. I numeri iniziali di Boost Infinite non sono incoraggianti: Dish ha perso 225.000 clienti nell’ultimo trimestre tra prepagato e postpagato.

Inoltre, le telecomunicazioni sono un’industria estremamente ad alta intensità di capitale, quindi Ergen ha avuto bisogno di affondare miliardi nella sua rete molto prima di riavere un centesimo indietro. Nonostante abbia 3 miliardi di dollari di debito in scadenza l’anno prossimo e 21 miliardi di dollari di debito totale, Dish ha solo 3 miliardi di dollari in attività correnti. La società ha riportato una perdita netta di 139 milioni di dollari lo scorso trimestre e ha un rapporto di leva finanziaria di quasi 11 volte l’EBITDA, ben al di sopra delle due o tre volte la media per le società di telecomunicazioni, secondo un’analisi della società di ricerca MoffettNathanson.

“Realisticamente, non c’è più modo di finanziare l’attività”, dice Craig Moffett dell’azienda. “Sembra che questa attività sia destinata alla bancarotta. È solo una questione di quando.”

Gli analisti ritengono che sia per questo che Ergen ha deciso ad agosto di riunire Dish ed EchoStar. La mossa gli consentirà di utilizzare la posizione di cassa netta positiva di quest’ultimo (2,5 miliardi di dollari in attività correnti contro 1,5 miliardi di dollari di debito) per pagare almeno il primo dei prestiti di Dish, dandogli un po’ di respiro. La FCC ha approvato la fusione, che dovrebbe chiudersi entro la fine di questo mese e designerà EchoStar come società principale e Dish come filiale.

Ergen è finora un “sopravvissuto”, riconosce Moffett, in quanto ha molte volte aggirato la catastrofe. “Sì, ha vissuto per combattere un altro giorno, ma ogni volta meno un altro arto, al punto che ora è una specie di Cavaliere Nero nei film di Monty Python”. In una scenetta del Santo Graal, quel cavaliere viene macellato fino a quando non è un busto sanguinante e senza arti, che sbava per una lotta che non ha alcuna possibilità di vincere.

Ergen deve continuare a competere con giganti affermati come T-Mobile, AT&T e Verizon nel wireless postpagato, almeno per ora, per soddisfare i requisiti della FCC. Ma il modo in cui lo dice, la vera via d’uscita da questo casino è il suo software 5G all’avanguardia. Sta creando la prima “rete di accesso radio aperta” degli Stati Uniti, o O-RAN, che è nativa del cloud e destinata ad essere più economica di altre reti wireless e fornire più velocità, affidabilità e opzioni per i consumatori. O-RAN dovrebbe essere utile per le reti 5G private, in particolare nei luoghi di lavoro in stile campus. Verizon, AT&T e T-Mobile stanno anche iniziando a competere per questo nascente mercato “enterprise”, ma non hanno le capacità O-RAN di Dish.

“Penso che sia lì che alla fine la partita sarà vinta e persa per noi”, ha detto Ergen nella recente chiamata ai guadagni.

O-RAN è ancora giovane e alcuni esperti avvertono che potrebbe essere più costoso del sperato e portare rischi per la sicurezza. Finora il mercato delle applicazioni 5G private è stato più lento ad emergere del previsto, in parte perché l’occupazione di persona è crollata durante la pandemia ed è stato lento a riprendersi.

“Le reti 5G private potrebbero essere una linea di entrate significativa per Verizon entro il ’25”, afferma Ric Prentiss, capo della ricerca sulle telecomunicazioni presso Raymond James. “Ora, se sei Dish, ’25 sembra un’eternità di distanza in questo momento”.

Potrebbe sembrare abbastanza lontano anche per il più grande azionista di Dish, Ergen, che ha visto quasi 20 miliardi di dollari di ricchezza personale scomparire nell’ultimo decennio mentre l’ex giocatore d’azzardo è passato da un piano di inversione di inversione all’altro alla ricerca della scommessa perfetta per riconquistare le sue perdite.

“Non si sa mai con Charlie”, dice Roy Chua di AvidThink. “Come è stato dimostrato anno dopo anno più e più volte, non è mai il caso di darlo per spacciato. Mai.”

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